“Sono molto amareggiata per l’archiviazione disposta dal Gip a carico dei cinque ragazzi cui mia figlia aveva inviato i video da lei girati. Se mia figlia e’ morta la colpa e’ dei magistrati che non hanno fatto il loro dovere, in particolare del pm Alessandro Milita che per primo ha indagato”. Sono parole dure quelle di Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, la 31enne di Mugnano di Napoli suicidatasi nel settembre scorso dopo la diffusione on-line di video hot che la ritraevano dopo l’archiviazione del procedimento a carico di cinque ragazzi indagati per diffamazione.Â
Tra amarezza e rabbia, la madre di Tiziana lancia dure accuse ai magistrati, colpevoli, a suo dire, “di aver sottovalutato la situazione in cui si trovava Tiziana”. Seconda la donna “e’ una vergogna che ad oltre un anno e mezzo dalla presentazione della querela e a quasi sette mesi dal suicidio di Tiziana, non si sappia ancora chi abbia diffuso quelle immagini”. Il pm Milita – prosegue Teresa Giglio – avrebbe potuto sequestrare i telefonini dei cinque ragazzi cui Tiziana aveva inviato i video, ma non lo ha fatto; e cio’ per me e’ inspiegabile. Forse, se fosse stata sua figlia, l’avrebbe fatto subito; ho anche pensato che tra i cinque denunciati vi potesse essere qualcuno che contava, percio’ le indagini non sono andate avanti. Anche la sentenza del giudice di Aversa (Monica Marrazzo, ndr) che ad agosto condanno’ Tiziana alle spese del procedimento avviato contro Facebook e gli altri social fu determinante nella decisione di mia figlia di togliersi la vita; e’ come se Tiziana avesse voluto lanciare un ultimo disperato segnale, con il quale richiamare l’attenzione di tutti su una situazione che non riusciva piu’ a gestire, dopo aver subito insulti e attacchi da ogni parte. Anche le testate giornalistiche hanno avuto la loro responsabilita’, riportando il suo nome quando ancora era viva e giudicandola a piu’ riprese. Penso a testate come il Fatto Quotidiano, che credevo fosse un giornale serio, e all’articolo della giornalista Elisa D’Ospina del 2015 (aveva definito i filmati di Tiziana come “marketing di una futura pornostar”, ndr); peraltro poi il direttore mi ha fatto le scuse. Quel che e’ certo e’ che oggi non credo piu’ che la magistratura possa individuare il responsabile della diffusione dei video; o quanto meno, ci credo pochissimo”. La Giglio torna poi sull’indagine per diffamazione per la quale il Gip di Napoli Tommaso Perrella, dopo aver archiviato la posizione dei cinque ragazzi querelati da Tiziana, ha chiesto un supplemento di indagine alla Procura perche’ accerti eventuali responsabilita’ di Facebook. “Sicuramente il social come altri colossi del web sono responsabili – spiega la madre della 31enne – ma gia’ nei mesi scorsi avrebbero dovuto rispondere quando mia figlia li diffidava; speriamo che non sia troppo tardi per avere almeno da loro una risposta su chi abbia diffuso quelle immagini. Di sicuro in tanti hanno guadagnato con i video di mia figlia. Spero inoltre che si accertino le responsabilita’ dell’ex fidanzato di Tiziana, quel Sergio Di Palo che l’ha rovinata”. In effetti un tribunale, quello di Aversa, ha poi dato ragione a Tiziana, sia pure dopo la sua morte, ritenendo che Facebook avesse sbagliato a non rimuovere le pagine che rimandavano ai video della 31enne pubblicati sui siti porno dopo le diffide che Tiziana aveva puntualmente inviato. L’avvocato amministrativista Andrea Orefice, che si e’ occupato del procedimento civile ad Aversa e ancora oggi assiste la Giglio, spiega che la “decisione emessa dal Gip di Napoli apre uno spiraglio anche nella battaglia parallela che stiamo conducendo, tramite il Garante della Privacy, perche’ Facebook e i principali motori di ricerca come Google e Yahoo possano procedere alla rimozione definitiva di ogni contenuto che rimandi ai video di Tiziana”.Â
“Non rispondo alle parole di Teresa Giglio, mi riservo solo di valutare con i miei legali se presentare querela per diffamazione dopo che avro’ letto le sue dichiarazioni”. Lo ha detto all’Ansa il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Alessandro Milita, fino a poche settimane fa sostituto alla Procura di Napoli dove si e’ occupato – non come “primo pm” specifica Milita – dell’indagine per diffamazione avviata a fine 2015 da Tiziana Cantone, la 31enne di Mugnano di Napoli suicidatasi nel settembre scorso dopo la diffusione on-line di video hot che la ritraevano, dopo le parole dette oggi dalla madre nei confronti dei magistrati. L’inchiesta, che vedeva indagate cinque persone cui Tiziana aveva inviato i video su Whatsapp, e’ stata archiviata dal Gip di Napoli che pero’ ha disposto un supplemento di indagine affinche’ la Procura indaghi sul comportamento di Facebook.Â