Pozzuoli, protezione per l’imprenditore coraggio che ha denunciato il boss

E’ stato il coraggio di un noto ristoratore di Pozzuoli a far tornare in carcere dopo dieci mesi di libertà il boss dell’area flegrea Gennaro Longobardi. Era l’unico capoclan della camorra ancora libero tra Napoli e provincia. I carabinieri ieri sono andati a svegliarlo nel cuore della notte della sua abitazione bunker di via Libero Bovio a Monteruscello. Con lui è finito dietro le sbarre il genero Gennaro Amirante, 38 anni, detto “Gennarino scimità”. Era stato il boss in persona ad andare in compagnia del genero dal ristoratore puteolano “raccomandando” i frutti di mare venduti da quest’ultimo, che iniziò con insistenza a consegnarle alla vittima nonostante le sue rimostranze. Un pizzo da 1.500 euro mensili che il boss aveva pensato di “convertire” trasformandolo nell’acquisto di frutti mare da Amirante, acquisto eccessivo per le esigenze del ristorante e a prezzi molto più alti di quelli di mercato. Di qui il coraggio di fare la denuncia ai carabinieri e l’avvio delle indagini culminate col doppio arresto di ieri. Nei confronti dell’imprenditore ora è scattato una sorta di piano di protezione per timore di ritorsioni da parte di affiliati o familiari del boss.

Su Gennaro Longobardi, come ricorda Il Roma, che dopo la scarcerazione era sorvegliato speciale, pendeva una condanna in primo grado a 14 anni di carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Pena poi sospesa. Dopo il ritorno in libertà Gennaro Longobardi si era attorniato di persone fidate e vicine, come il genero Gennaro Amirante, 38 anni, al secolo “Gennarino scimità”. E proprio quest’ultimo è ritenuto dagli inquirenti il braccio destro del boss. Il nome di Amirante compare anche nell’ordinanza “Iron Men” del 29 novembre 2016 che portò in carcere 44 affiliati. Nei confronti del 38enne, anch’egli residente nel quartiere di Monterusciello e sposato con una delle figlie del boss, non fu emessa nessuna misura cautelare.
E stando agli atti dell’inchiesta “Iron Men” che Amirante avrebbe fatto parte del gruppo che nella notte tra il 20 e il 21 ottobre minacciò una parcheggiatrice abusiva nei pressi di un noto mobilificio a Monterusciello. La stessa che raccontò di aver visto Amirante, insieme ad altre 4 persone, all’interno di una Renault Scenic, auto dalla quale poi in tre scesero per minacciare la donna.


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