“Dal mio arrivo a Napoli, anzi già da un anno prima, iniziavano ad arrivarmi lettere anonime, minacce di morte, messaggi sul telefonino di ogni genere, a me, a mio padre, a mia madre, di qualsiasi natura. Attacchi brutti di pedofilia, di camorra. E da lì è iniziato un incubo”. Così l’attaccante della Sampdoria Fabio Quagliarella nel corso di una intervista ai microfoni di Sky Sport torna sulla vicenda stalking che lo ha visto protagonista. “È iniziata a venire a mancare la serenità per giocare. Questo fatto era diventato un incubo, un’ossessione. Qualsiasi persona ti guardasse – ha aggiunto – tu avresti potuto dire ‘può essere lui, può essere l’altro’. E credetemi, io non amo tanto ritornarci su, perché fa male, perché è come riaprire una ferita che mi sono portato dietro per diversi anni. Non è una cosa di uno, due, tre mesi, stiamo parlando di anni e anni”. Quindi sulla ritrovata pace con i tifosi del Napoli. “Tengo molto al fatto che con la mia gente sia ritornato il sereno. Quello striscione che è stato esposto in Napoli-Atalanta, ho fatto fare un poster e ce l’ho a casa. ‘Nell’incubo in cui hai vissuto enorme dignità, ci riabbracceremo presto Fabio, figlio di questa città'”, ha rivelato Quagliarella. “Cosa dire? Non era dovuto nei miei confronti, ma è una cosa che mi ha riempito il cuore all’ennesima potenza”, ha concluso.