Strage bus, il teste in aula: “La perdita di controllo del mezzo causato dai freni”

Non fu l’impianto di trasmissione a mettere fuori uso il sistema frenante, ma gli stessi freni, con l’ultima sollecitazione, a rompere l’albero di trasmissione e a far perdere il controllo del bus che il 28 luglio 2013 precipito’ dal viadotto autostradale Acqualonga, provocando la morte di 40 persone di una comitiva di pellegrini di ritorno a Pozzuoli dopo una gita di tre giorni tra Telese Terme e Pietralcina. E’ la conclusione alla quale e’ giunto un caporeparto addetto alle revisioni e ai collaudi della Motorizzazione Civile di Salerno chiamato a testimoniare dalla difesa della funzionaria della Motorizzazione di Napoli Antonietta Ceriola, imputata per la falsa revisione del bus e per concorso in omicidio colposo plurimo e disastro colposo, reati per i quali sono a giudizio dinanzi al tribunale di Avellino altre 14 persone. Alessio Bertini nella testimonianza resa oggi ha riferito conclusioni diverse da quelle raggiunte dai periti della Procura della Repubblica di Avellino, pur concordando su tutte le procedure seguite per i rilievi sul bus della ditta “Mondo Travel” di Gennaro Lametta. Al giudice ha riferito che se l’autista Ciro Lametta, deceduto nello schianto, si fosse attenuto alle procedure previste per gli autisti professionali, si sarebbe accorto dei problemi ai freni prima di partire. “La carta di qualita’ del conducente – spiega Bertini – impone una verifica agli autisti di pullman. E comunque avrebbe dovuto fermarsi quando i passeggeri hanno segnalato rumori strani”. Il confronto con il pm Cecilia Annecchini e’ stato particolarmente acceso, al punto che piu’ volte Bertini ha chiesto di confrontarsi con il consulente della procura, l’ingegner Alessandro Lima. La discussione e’ poi terminata con un richiamo al testimone da parte del giudice, che poco prima si era visto chiedere proprio dal teste se avesse o meno la patente di guida, quasi a sottolineare una presunta sua incompetenza nel valutare la testimonianza resa. In aula sono stati ascoltati anche altri dipendenti della Motorizzazione civile di Napoli, chiamati a testimoniare sulla vulnerabilita’ del sistema informatico. Una delle tesi dell’accusa e’ appunto che l’attestato di revisione sia stato falsificato accedendo impropriamente al sistema informatico. Il processo riprendera’ il 10 maggio prossimo.


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