Uccise la moglie per una polizza da 30 mila euro: ergastolo

Uccisa dal marito per una polizza sulla vita del valore di circa 30mila euro. Non ci sono dubbi per la Corte d’Assise di Varese che ha condannato all’ergastolo Alessandro Argenziano, 41 anni, chiudendo una vicenda che per parecchi mesi ha avuto i contorni di un giallo. L’uomo ha continuato a dirsi innocente, sostenendo che la moglie si era sentita male dopo aver assunto dei farmaci. Ma per il pm Antonio Cristillo e la Corte la verita’ e’ diversa: ha ucciso la moglie, Stefania Amalfi, 27 anni, soffocandola dopo averla sedata con un sonnifero e un ansiolitico. Una sentenza che, secondo i familiari della vittima, parti civili del processo, “ha fatto giustizia”. Il legale di Argenziano, l’avvocato Stefano Amirante, aveva chiesto l’ assoluzione e probabilmente presentera’ ricorso in appello. Il cadavere di Stefania Amalfi, 27 anni, fu trovato la sera del 26 aprile 2015 sul suo letto, nella casa popolare in via Conca d’Oro dove la coppia viveva. A chiamare i soccorsi quella sera era stato il marito, raccontando che la donna si era sentita male dopo aver ingerito dei farmaci. Sul corpo non furono riscontrati segni apparenti di violenza e per questo, in un primo momento, si penso’ al suicidio. Presto pero’ i sospetti si orientarono sul marito che aveva fornito dichiarazioni ritenute “contraddittorie”. Dagli esami autoptici, inoltre, emerse che la morte era stata provocata dal soffocamento. Dopo un anno di indagini la polizia arresto’ Argenziano con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal vincolo matrimoniale e maltrattamenti. Gli investigatori della Squadra mobile di Varese, coordinati dal pm Sabrina Ditaranto, hanno individuato come movente il tentativo di Argenziano di incassare una polizza assicurativa sulla vita intestata alla donna del valore di circa 30 mila euro. Soldi di cui l’uomo non e’ mai entrato in possesso a causa dell’inchiesta a suo carico. Prima di sedarla e soffocarla l’ uomo avrebbe anche indotto la moglie a scrivere un biglietto di addio, trovato nella casa, per allontanare i sospetti da lui e rendere piu’ credibile la messinscena. Gli investigatori hanno accertato inoltre che l’uomo dopo il matrimonio, nel 2014, avrebbe indotto la moglie ad allontanarsi dai familiari soggiogandola con violenze fisiche e psicologiche, culminate anche in ricoveri in ospedale. I fratelli e i genitori di Stefania Amalfi, assistiti dagli avvocati Furio Artoni e Alessandra Sisti, in passato avevano lanciato numerosi appelli per chiedere “verita'” sulla morte della 28enne, anche attraverso il gruppo Facebook ‘Giustizia per Stefania Amalfi’. “Grazie alla magistratura hai avuto giustizia – scrive uno dei creatori della pagina sul social network dopo la sentenza della Corte d’Assise – stasera una stella sara’ piu’ luminosa del solito”.


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