Camorra a Marano, le clamorose accuse di Cesaro a Bertini: “Quel pezzo di m.. si è preso i soldi da mano a me…”. LE INTERCETTAZIONI

L’ex sindaco di Marano, Mauro Bertini sarà sentito domani dalla Dda di Napoli in merito all’inchiesta sul Pip di Marano che ha portato in carcere due settimane fa i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, congiunti del deputato Luigi Cesaro di Forza Italia, oltre agli imprenditore Antonio e Pasquale Di Guida e all’ingegnere Oliviero Giannella. L’esponente politico è chiamato a chiarire ai magistrati in merito alle pesanti accuse che Aniello Cesaro fa nei suoi confronti in un verbale rilasciato ai Ros, che hanno condotto le indagini, in data 16 ottobre 2016. Il verbale è contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca Ferri. Questo il contenuto:

“Devo dirle che per quanto riguarda la realizzazione del PIP di Marano abbiamo avuto problemi non solo con la camorra locale ma forte ostruzionismo anche da parte della pubblica amministrazione locale. Infatti le concessioni per la costruzione dei capannoni, che dovevano da contratto essere date entro sessanta giorni, ci sono state date dopo un anno e solo in seguito alla venuta dell’Ingegnere Pitocchi nel 2009, del quale ho detto sopra. In quella fase però nessuno ci venne a chiedere soldi, mi riferisco alla locale amministrazione. In quel periodo l’ex sindaco Bertini ed il consigliere regionale Biagio Iacolare gestivano a livello politico ed erano molto influenti, i predetti ci hanno sempre ostacolato: nell’anno 2009, un giorno, venne nel mio ufficio di Frattamaggiore, Bertini il quale mi raccontava dei problemi che aveva con una sua azienda chiedendomi di dargli una mano con una banca. Infatti io gli feci fare una richiesta di saldo e stralcio accompagnandolo alla
Unicredit di Napoli. In quella occasione Bertini mi chiese un prestito di circa 50000 euro che io gli conferì in diverse volte e che non mi è stato restituito. L’importo era più o meno quello che avrebbe dovuto versare alla banca, almeno lui così giustificò la richiesta di prestito. Non ho mai chiesto indietro i soldi a Bertini anche perché per lo stesso presupposto per il quale gli diedi i soldi all’inizio, non glieli chiesi indietro. In quella occasione mi parlò di Pitocchi, insinuando che noi eravamo riusciti a portarlo al Comune di Marano, ma io gli ricordai che Pitocchi aveva vinto un concorso, non negai che a noi aveva fatto piacere che Pitocchi fosse stato trasferito a Marano. Dissi anche che il comune era obbligato ad ottemperare alle prescrizioni contrattuali e che le concessioni richieste avrebbero dovuto essere rilasciate ancor prima di Pitocchi poiché atti dovuti. Chiaramente la richiesta di prestito fu inserita nel discorso del PIP di Marano ed anzi Bertini mi rassicurò che Biagio Iacolare non mi avrebbe ostacolato oltre; preciso che il maggiore ostruzionismo, almeno quello più palese, fino a quel momento, lo avevo ricevuto proprio dal
Bertini e chiaramente la richiesta di prestito e la mia disponibilità a darglielo sottendevano l’implicita intenzione di superare gli ostacoli che il Bertini mi frapponeva. Il prestito che mi chiese Bertini era chiaramente finalizzato ad un atteggiamento diverso che il predetto avrebbe poi avuto nei miei confronti. Mi fece capire che in questo modo avrebbe allentato l’opera di ostruzionismo cosa che però non è mai avvenuta. Anzi in quella occasione, a proposito di Iacolare, Bertini mi suggerì anche di andare da lui e di portargli dei soldi per rabbonirlo cosa che io non feci mai”.

Su queste dichiarazioni il Gip Ferri scrive: “Dunque, fin da questo momento, sono a disposizione degli investigatori e di questa AG le dichiarazioni dell’indagato Cesaro Aniello che rappresentano un tentativo dello stesso di presentarsi in veste di vittima della criminalità organizzata maranese, costretto a concludere il patto con Peppe Polverino che avrebbe garantito al clan da questi capeggiato una percentuale pari al 5% dell’affare ed un subappalto. Accordo concluso dopo essere stato minacciato anche con le armi e con il rischio di dover abbandonare il territorio, ed al termine di una trattativa resasi necessaria per l’insostenibilità dell’originaria richiesta di ‘partecipazione’ formulata dal capo clan, poi arrestato nel 2012. Ebbene, l’attenta lettura delle dichiarazioni rese da Cesaro Aniello alla luce delle conversazioni intercettate (sconosciute all’indagato al momento dell’interrogatorio) e soprattutto del dato dichiarativo acquisito, induce a pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle prospettate dall’imprenditore di Sant’Antimo che, piuttosto che ‘vittima’ della criminalità organizzata, è invece in grado di trattare con il capo clan e concludere affari vantaggiosi per il clan ma anche per l’impresa concessionaria che, dalla ‘partecipazione’ dei Polverino, riceve in cambio la protezione
ed il ‘controllo’ dei proprietari da espropriare ma anche, ancor prima, la certezza dell’aggiudicazione dell’appalto. Peraltro, non va neanche sottovalutato il vantaggio di potersi servire dell’ingegnere di fiducia dei Polverino, Giannella Oliviero che garantisce in ogni ‘fase’ dell’iter di realizzazione del PIP di Marano il proprio intervento per assicurare il buon esito della speculazione, come sopra ricostruito”.

Ma è ancora più esaustivo l’ulteriore commento a corredo di una telefonata intercettata tra l’imprenditore  Eduardo Pellecchia e i fratelli Di Guida (arrestati nell’inchiesta): “Appare poi inverosimile la natura dei rapporti tra i Cesaro e l’ex sindaco di Marano, Mauro Bertini. Secondo il Cesaro Aniello la sua società avrebbe concesso un prestito di 50.000 euro all’amico Bertini, che questi non ha mai restituito, per sanare alcune difficoltà economiche dello stesso. Orbene, il contenuto della conversazione registrata in ambientale  in data 2febbraio 2016 offre una diversa lettura del ‘prestito’. Pellecchia Eduardo, altro imprenditore
maranese, commenta con gli amici Di Guida (Antonio e Pasquale) i controlli e gli accertamenti in corso sul PIP di Marano, secondo loro finalizzati ad accertare eventuali corruzioni, e fanno riferimento proprio al Bertini che sarebbe stato corrotto (letteralmente “preso i soldi”, tramite un imprecisato assegno) per favorire il rilascio della concessione ai Cesaro.

Interlocutori:
DI GUIDA Antonio;
DI GUIDA Pasquale;
PELLECCHIA Eduardo;
DI GUIDA Angela;
CATUOGNO Pasquale.
…omissis…
PELLECCHIA Eduardo: te lo dico per certo… questi vogliono trovare… chi si è preso i
soldi…
DI GUIDA Angela: bravo…
PELLECCHIA Eduardo: all’epoca che è stata vinta la gara…
DI GUIDA Angela: bravo bravo…
PELLECCHIA Eduardo: sanno che se li è presi Mauro BERTINI e vogliono sapere
come…
DI GUIDA Angela: bravo…
PELLECCHIA Eduardo: te la ricordi quell’altra tarantella… il fatto… l’assegno… che noi
pazziavamo?!…
DI GUIDA Antonio: eh…
PELLECCHIA Eduardo: eh…
DI GUIDA Pasquale: come e chi glieli ha dati…
PELLECCHIA Eduardo: eh…
…omissis

In un’altra telefonata intercettata il 7 dicembre 2016, emergeva che Bertini aveva preso denaro dai Cesaro e che nonostante ciò non aveva mantenuto gli impegni assunti con gli imprenditori di Sant’Antimo. Nel corso della conversazione il Cesaro, interrompendo il suo interlocutore che stava evidenziando come, miracolosamente, non fossero mai emerse le responsabilità penali del Bertini affermava, con un tono estremamente adirato, che il Bertini nonostante avesse ricevuto somme di denaro direttamente dalle sue mani, aveva fatto in modo di ostacolarlo pubblicamente attraverso gli organi di informazione, riferendovi evidentemente proprio alla vicenda del Pip di Marano.

DI GUIDA Antonio: tu mi devi spiegare se avevano indagato.. inc… avrebbero addirittura inc… sindaco direttamente!… BERTINI ha fatto il sindaco in quegli anni… in tredici anni non gli hanno fatto manco… inc… e qual è? tu mi devi spiegare…
CESARO Raffaele: mi hanno infranto un sogno…ce la devo far vedere io a BERTINI…
DI GUIDA Antonio: hai capito?
CESARO Raffaele: ti si è preso i soldi da mano a me?…quello si è preso i soldi da mano a me!
DI GUIDA Antonio: non lo puoi dire! inc…
CESARO Raffaele: e tu te ne vieni? quello mi ha mandato sopra le televisioni!
DI GUIDA Antonio: non lo puoi dire… non lo puoi dire sai perché?… io… io ora ti racconto questo fatto qua… inc…
CESARO Raffaele: Antò… Antò… non me ne passa manco per il cazzo… inc…
DI GUIDA Antonio: …inc… davanti a me… noi avevamo… noi tenevamo l’ufficio qua e lui nel lato… inc… improvvisamente gli chiesero di “apparare”… cose… inc… e comunque…. inc…”quel pezzo di merda… mi ha fatto… inc… sono andato anche dall’avvocato e ha detto che non lo posso denunciare perché sennò mi arrestano pure a me per concussione… (ride, ndr) ha detto che non lo posso denunciare”…
CESARO Raffaele: …inc… Tonì… inc… mi hanno infranto un sogno…
Uomo: … inc…
…omissis.

E per chiudere questo capitolo scrive il Gip: “Altro che ‘prestito’: Raffaele Cesaro, fratello di Aniello (che non può non conoscere la verità essendo impegnato in affari con il fratello), è furioso con l’ex Sindaco che ha preso i soldi senza rispettare i patti. Peraltro, la rabbia del Cesaro è acutizzata dall’impossibilità di denunciare Bertini per la ‘tangente’ a lui consegnata, per evitare di essere penalmente coinvolto. Le dichiarazioni rese da Aniello Cesaro non convincono per i motivi sopra sinteticamente indicati ed è chiaro che la sua richiesta di interrogatorio ha come obiettivo il tentativo di indurre gli investigatori che stanno indagando sul PIP e sui ‘collaudi’ mai eseguiti a credere che la società di famiglia era stata vittima della criminalità organizzata. In realtà, il dato dichiarativo e tecnico (sopra ripercorso) relativo proprio ai falsi collaudi, conferma che Aniello Cesaro sia pienamente coinvolto nelle vicende illecite relative all’affare PIP di Marano e sia uno dei protagonisti delle minacce e dei falsi contestati ai capi  dell’imputazione. Condotte resesi necessarie per tutelare gli interessi economici non solo dei fratelli Cesaro ma anche dei Polverino soci nell’affare con gli imprenditori di Sant’ Antimo ed in grado, grazie alla forza criminale, di consentire alla società dei Cesaro il perseguimento di vantaggi economici e la tutela offerta dal clan in ogni fase, da quella relativa all’aggiudicazione dell’appalto a quella dell’esproprio rapido dei terreni, a quella del rilascio dei permessi per costruire ed infine, a quella della messa a posto delle carte grazie al tecnico di fiducia del clan, Oliviero Giannella; e di garantire al clan/imprenditore rilevanti profitti”.

E ora domani l’ex sindaco Bertini dovrà chiarire la sua posizione.

 

 Antonio Esposito

 

(nella foto Aniello Cesaro e Mauro Bertini)


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