“Era un imprenditore da lungo tempo a disposizione del clan Belforte in una serie di modalita’ che vanno dall’intestazione di immobili di uomini affiliati, dall’esercizio della funzione di raccoglitore delle estorsioni, piuttosto che di diretto impositore delle stesse estorsioni a imprenditori edili previamente individuati grazie alla sua presenza nel territorio”. Sono queste le considerazioni del collegio per l’applicazione delle misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Massimo Urbano, con le quali e’ stata accolta la richiesta della Dia di Napoli di sequestro beni per 6 milioni di euro nei confronti dell’imprenditore del calcestruzzo Angelo Pontillo, 56 anni. Alla base del provvedimento, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonio Gerardi, Michele Froncillo, Domenico Cuccaro, Pasquale Aveta e Bruno Buttone. In particolare, Gerardi nell’interrogatorio del 14 settembre 2016 spiegava ai pm: “Voglio chiarire che c’erano molte ditte che fungevano da collettore delle estorsioni e tra loro quella di Angelo Pontillo. Quando una ditta aggiudicataria di un appalto aveva bisogno di rifornirsi di calcestruzzo doveva necessariamente rivolgersi a una ditta della zona, la quale immediatamente ci faceva sapere dell’inizio dei lavori e sostanzialmente ci mandava a bloccarli. Le imprese automaticamente si rivolgevano proprio al fornitore di calcestruzzi, sapendo che queste ditte erano in condizioni di dare informazioni e per mettersi a posto con il clan”. Cosi’ i titolari delle ditte di calcestruzzo non erano sottoposti ad estorsioni. Il pentito Michele Froncillo parla invece del rapporto diretto tra Pontillo e i Belforte. Nell’interrogatorio del 19 settembre 2007, esplicita che “Angelo Pontillo e il cugino Raffaele sono di Capodrise e sono da sempre in strettissimi rapporti con Mino Musone e Salvatore Belforte, essi sono anche dei prestanome di beni immobili di proprieta’ del clan”. Tra i beni sequestrati dalla Dia di Napoli ci sono un appartamento di otto stanze e due ville, una di nove e l’altra di dieci locali, tutte a Capodrise. Un patrimonio composto di societa’, beni immobili, mobili e rapporti finanziari intestati sia direttamente a Pontillo che ai suoi familiari, ma tutti derivanti da attivita’ illecita di appartenenza al clan Belforte di Caivano. “Si tratta di un patrimonio in parte costituito da beni con intestazioni di comodo, essendo tutti sostanzialmente di proprieta’ di esponenti apicali del clan e poi sproporzionato rispetto alle entrate lecite dichiarate”, scrivono i giudici nel provvedimento.