Camorra, quando Giuseppe Lo Russo ‘o rre si disse “contento che c’era Carluccio che comandava”

E’ rimasto l’unico dei fratelli Lo Russo, i “capitoni” di Miano a non passare dalla parte dello Stato.  Giuseppe Lo Russo, in carcere da anni, soprannominato “Il re” così come il figlio Vincenzo ‘ o signor probabilmente stanno rimpiangendo il potere lasciato nella mani di Carlo Lo Russo all’atto della sua scarcerazione nel luglio del 2015. Eppure il ritorno in libertà di “Carluciello” dopo una lunga detenzione prima di essere nuovamente arrestato per l’omicidio di Pasquale Izzi, aveva reso più tranquilli i familiari detenuti. A cominciare appunto, hanno ricostruito gli inquirenti, dal fratello Giuseppe. Al punto che quest’ultimo avrebbe riferito, durante un colloquio in carcere, di “stare bene e di poter sopportare altri 20 anni di galera sapendo che c’era lui fuori”. Purtroppo per i “Capitoni”, grazie al brillante lavoro di polizia, carabinieri e Dda, le cose sono andate molto diversamente. Sia Antonio Lo Russo (“Tonino”, figlio di Salvatore) che lo zio Giuseppe Lo Russo si mostrarono contenti della scarcerazione di Carlo. Tanto che Teresa, la compagna di “Peppe o’ rre”, nel corso di una conversazione proprio con il ras soprannominato “Carlucciello”, gli riferì che “il fratello è tranquillo sapendo che c’è lui”. La tranquillità dell’uomo di vertice al 41bis venne ribadita anche da Anna Serino (all’epoca moglie di Carlo Lu Russo prima che questi iniziasse la sua storia d’amore con Antonella de Musis, che lo ha convinto a pentirsi) che dopo un colloquio con il cognato nel carcere di Novara, chiamò il marito per dirgli che il fratello stava ‘troppo bene’ e la figlia di Peppe chiarì che il padre contava molto su di lui ed era tranquillo per la sorte dei figli e dei nipoti. Ebbe inizio dunque, una nuova fase all’interno del clan Lo Russo: come ipotizzato dagli investigatori (che avevano chiesto ed ottenuto l’attivazione delle intercettazioni sulle utenze delle persone ‘vicine’ al capo clan e nello stesso appartamento di Lo Russo), il rientro a Miano di Carlo Lo Russo determinò la ripresa del totale controllo del clan da parte dell’unico fratello libero. Durante il giorno, nella fase iniziale, Carlo Lo Russo svolgeva le funzioni di vertice del clan a casa di una sorella. Per gli spostamenti, considerato che a causa della sorveglianza speciale gli era stata ritirata la patente, utilizzava come autista un cognato che lo accompagnava in motorino o in macchina. Carlo Lo Russo, hanno ricostruito gli inquirenti sulla base delle intercettazioni telefoniche e ambientali, utilizzava l’utenza intestata alla moglie, sulla quale vengono registrati i continui contatti con Giulio De Angioletti per ogni sua esigenza: dalla consegna dei cornetti e dei giornali a domicilio ogni mattina ad ogni aspetto organizzativo del “lavoro” e del tempo libero. Fu De Angioletti a rivolgersi al titolare di un noleggio barche per mettere a disposizione di “Carlucciello” e dei familiari una barca per escursioni in zona, così come sempre “Giulietto” si occupava della cambusa e dei rifornimenti. Tra gli ospiti del capoclan c’era anche un nipote, i cui congiunti si dissero “troppo contenti” che le famiglie si frequentassero. Un idillio generale, rovinato dalle due inchieste della procura antimafia e dalla microspia pizzata abilmente dalla polizia in casa del boss e poi dalla raffica di pentimenti.

(da sinistra Giuseppe Lo Russo, Salvatore Lo Russo, Mario Lo Russo, Carlo Lo Russo, Antonio Lo Russo figlio di Salvatore, Vincenzo Lo Russo figlio di Giuseppe e Vincenzo Lo Russo di Domenico)


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