Camorra, uccisero un ras dei Lo Russo: 50 anni di carcere per i Della Corte del rione Sanità

Cinquanta anni di carcere sono stati comminati dai giudici della Quinta sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli (presidente Domenico Zeuli) a killer e basisti dell’omicidio del boss del rione  Sanità, Francesco Bara, reggente dei Lo Russo nel quartiere. Il ras Gennaro Savarese, reoconfesso e assistito dall’avvocato Andrea Imperato, ha incassato 17 anni di reclusione, tre in meno rispetto a quelli rimediati nel primo gradodi giudizio, in seguito al riconoscimento delle attenuanti generiche; per Luca Loffredo è stata invece confermata la condanna a 12 anni di carcere. I giudici hanno poi inflitto 15 anni e 6 mesi in continuazione con altra sentenza ad Antonio Della Corte; 1 anno, invece, a Vincenzo Guerrera, Giovanni Della Corte, Raffaele Liberti e Giuseppe Granieri: questi ultimi tre dovevano però rispondere soltanto delle accuse di armi e ricettazione.

Francesco Bara, cime ricorda Il Roma, fu ucciso il 30 dicembre del 2012. La vittima sapeva di essere nel mirino e per questa ragione aveva deciso di vivere, ma anche di comandare, da recluso in casa. Una precauzione che però non fu sufficiente a salvargli la vita. Grazie alle immagini riprese da un impianto di videosorveglianza privata, i vertici del clan Della Corte riuscirono infatti a cogliere uno dei rari frangenti in cui il ras rivale era uscito dalla propria abitazione. In pochi istanti scattò la mattanza: Francesco Bara, detto “Mekkei”, venne raggiunto e uciso da una raffica di piombo. Nell’agguato rimase coinvolto anche un innocente, Ciro Staterini, che riuscì fortunatamente a cavarsela senza gravi conseguenze.

Le indagini sull’uccisione di Francesco Barra giunsero a una svolta il 26 aprile 2013, quando scattarono le manette ai polsi dei presunti mandanti ed esecutori. Quel giorno finirono infatti dietro le sbarre il babyras Giovanni Della Corte, detto “Giovannone”, reggente della cosca che all’epoca si contrapponeva ai “mianesi”; i killer Vincenzo Guerrera e Giuseppe Granieri; i “guaglioni” Alessandro Alifante e Raffaele Liberti, che avevano comunque avuto un ruolo nel raid di morte. In seguito in quattro (Della Corte, Granieri, Alifante e Liberti) decisero, uno alla volta, di seguire il pentimento di “Giovannone”. Restò così “in silenzio” soltanto l’irriducibile Guerrera.

 

(nella foto il luogo dell’omicidio e da sinistra la vittima Francesco Bara e l’ex boss ora pentito Giovanni Della Corte)

 


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