“Fortuna è stata buttata giù da Marianna Fabozzi con l’aiuto della sua figlia maggiore”. Raimondo Caputo, imputato per l’omicidio della bimba morta il 24 giugno 2014 nel Parco Verde di Caivano ) dopo essere caduta giù dal palazzo, ha fornito la sua versione nel corso dell’udienza di oggi del processo che si celebra davanti alla quinta sezione della Corte d’Assise di Napoli. Caputo, che aveva già diverse volte accusato la compagna, è stato sottoposto a interrogatorio coinvolgendo questa volta anche la figlia maggiore di Marianna Fabozzi, l’amichetta di Chicca (così era soprannominata Fortuna) testimone chiave del processo. Caputo ha ribadito che, quando Fortuna fu lanciata giù dal finestrone del palazzo, lui invece era in strada con la figlia più piccola. Questa versione dei fatti gli sarebbe stata fornita dalla stessa Marianna Fabozzi, imputata nel processo per aver coperto i presunti abusi sessuali di Caputo sulle figlie, circa 15 giorni dopo l’omicidio. Più volte Fabozzi, presente in aula, ha scosso la testa in segno di incredulità per quanto affermava Caputo.Poca chiarezza sul presunto movente dell’omicidio, anche se Caputo, incalzato dalle domande della parte civile, ha ipotizzato che alla base vi fossero rapporti di forte contrasto, se non addirittura di odio, con la madre di Fortuna, Mimma Guardato, e che anche tra Fortuna e la figlia maggiore di Marianna in fondo non vi fosse buon sangue. Caputo ha detto inoltre che “Marianna voleva che mia figlia picchiasse Mimma, ma io non ho voluto coinvolgerla in queste cose”. Nel suo racconto è stato fatto riferimento anche alla morte di Antonio Giglio, figlio di Marianna Fabozzi morto nel 2013 in circostanze analoghe, cadendo cioè da una finestra dell’abitazione della nonna. Anche in quel caso, ha ribadito, “è stata Marianna”.– Caputo ha ammesso nuovamente di aver “toccato” la figlia maggiore di Marianna Fabozzi, la testimone chiave del processo che ha rivelato i presunti abusi dell’uomo anche nei confronti di Fortuna Loffredo e le sue responsabilità nell’omicidio della bambina, ma ha anche spiegato che “era Marianna che mi chiedeva di farlo e non è mai successo prima della morte di Fortuna”. Alla domanda sul perché non avesse mai denunciato tutto questo, Caputo ha risposto: “Non volevo perdere mia figlia piccola”, cioè la più piccola delle tre figlie di Marianna Fabozzi, l’unica delle quali lui è il padre biologico e che, assieme alle sorelle, si trova ora in una casa famiglia.
Un racconto “flagellato da macroscopiche variazioni” e, in alcune sue parti decisive nella ricostruzione dei fatti, “da considerare non affidabile”. Così la criminologa Roberta Bruzzone descrive le dichiarazioni raccolte in sede di incidente probatorio dell’amichetta del cuore di Fortuna Loffredo, la bimba morta nel Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014 dopo essere caduta dal palazzo. Bruzzone è stata ascoltata nel processo in corso davanti alla quinta sezione della Corte d’Assise di Napoli in qualità di perito nominato dalla parte civile associazione “Caramella buona”, rappresentata dall’avvocato Angelo Pisani. L’ascolto di Bruzzone è stato caratterizzato da un duro botta e risposta con il pm della Procura di Napoli Nord Claudia Maone sulla possibilità che alcune domande poste alla bimba, teste chiave del processo, abbiano potuto influenzare le risposte dalla minore, soggetto ritenuto dalla Bruzzone “suggestionabile” e dal quoziente intellettivo “non proprio memorabile”, con il pm che ha difeso l’operato di Procura e consulenti. Secondo Bruzzone la bimba, figlia primogenita di Marianna Fabozzi, imputata nel processo con il compagno Raimondo Caputo, è attendibile quando racconta delle violenze sessuali, quando “rievoca anche le sensazioni percepite”, ma non quando ricostruisce gli avvenimenti del 24 giugno 2014 immediatamente precedenti alla morte di Fortuna. Sulla presenza o meno della madre in quei momenti, ha detto Bruzzone, “ci sono almeno quattro versioni diverse”, inoltre “dice di aver visto Caputo sul terrazzo sdraiato a terra sulla minore, ma sugli abiti della bimba non sono trovati segni della pece. Infine riferisce di aver sentito un urlo che non ha sentito nessuno”.