Napoli. Alcuni ricercatori trovano nuove prove contro l’oncologo napoletano Alfredo Fusco, finito al centro di un’inchiesta per la ‘falsificazione’ dei dati sulle cellule nel 2012. Lo riferisce Nature, mentre il professore si difende sostenendo di non aver manipolato alcuna pubblicazione. Il caso di Alfredo Fusco, un professore universitario accusato di aver truccato delle foto di cellule allo scopo di ottenere finanziamenti, torna di nuovo alla ribalta, dopo più cinque anni: a parlarne è la rivista Nature sul suo sito. L’inchiesta su Fusco, oncologo dell’università Federico II di Napoli è partita in Italia nel 2012. Le sue pubblicazioni sono state sottoposte a indagini quando il bioinformatico Enrico Bucci ha denunciato alla polizia che “diversi documenti contenevano immagini di gel elettroforetici – utilizzati per separare le molecole – le cui le sezioni sembravano essere state tagliate e incollate per mostrare la presenza o l’assenza di particolari molecole”. Bucci ha esaminato separatamente 380 articoli di co-autori di Fusco tra il 1985 e il 2015 e ritiene che “95 di essi contengano immagini manipolate”. Nel 2013 nei laboratori di Fusco nell’ambito delle indagini erano stati sequestrati dalle forze dell’ordine computer e documenti. Da allora non si sono avute ulteriori notizie e adesso Nature riferisce che dall’Italia alcuni ricercatori, “frustrati dal lento progresso delle indagini”, hanno presentato prove che “decine di documenti contengono dati manipolati da parte di uno studio fotografico”. Nel frattempo l’elenco dei materiali considerati sospetti e’ cresciuto e il pm Stefania Buda di Napoli che sta gestendo il caso ha detto a Nature che “e’ chiaro che alcune immagini sono state manipolate” ma che ha bisogno di “altri mesi” per decidere se lanciare accuse penali contro Fusco. La manipolazione dei dati non sarebbe di per se’ un reato penale, dicono esperti vicini all’inchiesta, ma il presunto uso di dati fraudolenti per ottenere finanziamenti potrebbe essere un capo di imputazione. Fusco intanto nega tutto: “Non abbiamo manipolato intenzionalmente nessuna pubblicazione”, ha scritto in una e-mail a Nature.