Napoli. Il 50% ai fratelli Cesaro, l’altro 50% al clan Polverino. Patto criminale ‘perchè si potevano fare molti soldi’ secondo Roberto Perrone, alias Paperone, il pentito esponente della mala maranese che ha parlato dei rapporti di Antimo e Raffaele Cesaro con il clan Polverino. Perrone, così come da lui stesso ammesso, ha finanziato, nel biennio tra il 2009 e il 2011 tutte le importazioni di hashish in Italia per conto del clan e rivestiva un ruolo di assoluto rilievo nella cosca Polverino, tanto da diventare il primo capo zona nel territorio di Quarto, rispondendo del proprio operato direttamente al boss Giuseppe Polverino. Il racconto di Perrone ai pm della Dda il 24 giugno 2015 fa riferimento alle parole che lo stesso capoclan, latitante per decenni fino alla cattura in Sudamerica, gli avrebbe riferito quando si parlava del Pip di Marano. “E’ uno strumento edilizio voluto dalla famiglia Polverino, fin dagli inizi del 2000 – rivela – quando sono uscito nel 2008 ho saputo dal boss Peppe che il Pip era stato aggiudicato interamente ai Cesaro”. Il collaboratore riferisce che proprio Giuseppe Polverino raccontava di essere stato lui ad aver favorito i Cesaro manovrando l’appalto milionario: “Cesaro gli doveva dare circa 1 milione di euro per quelle festività natalizie: tale somma era la restituzione degli iniziali 400.000 euro investiti dalla famiglia Polverino nel Pip e altri 600.000 euro quale prima rata dell’intera richiesta estorsiva che ammontava a circa 1.500.000”.
Le dichiarazioni di Roberto Perrone sono chiare e fanno riferimento all’intero sistema organizzato dal clan per entrare nel mondo dell’imprenditoria: “Con riferimento al PIP di Marano, confermo quanto già dichiarato ad altri Pm e mi riservo di approfondire i dettagli. Vi anticipo però che il PIP di Marano è uno strumento edilizio voluto dalla famiglia Polverino, fin dagli inizi del 2000. Quando sono uscito nel 2008 ho saputo da Peppe Polverino che il PIP di Marano era stato aggiudicato interamente a Cesaro Raffaele, fratello di Luigi, tramite il quale appunto aveva conosciuto il primo.
Peppe Polverino raccontava il fatto proprio per dire che lui aveva favorito, manovrando nel modo su indicato, tale aggiudicazione al Cesaro, il quale gli doveva dare circa 1.000.000 di euro per quelle festività natalizie: tale somma era la restituzione degli iniziali 400.000 euro investiti dalla famiglia Polverino – zio Totonno e Peppe – nel PIP e altri 600.000 euro quale prima rata dell’intera richiesta estorsiva che ammontava a circa 1.500.000. Mi spiego meglio: il PIP è stato realizzato al 50% tra i Cesari ed i Polverino; peraltro, i Cesaro si erano anche impegnati, come da progetto, a realizzare una scuola, un’area verde ed altre infrastrutture, che non avevano realizzato ed avevano, invece, iniziato già a vendere i capannoni, cosa non prevista prima del completamento dell’intero progetto. Come già vi ho spiegato più volte, non deve meravigliare il fatto che, benché in società con gli stessi Polverino, i Cesaro dovevano pagare tale esosa tangente. Vi ho già detto che spesso anche noi, quando realizzavamo complessi con le nostre società, dovevamo comunque versare una tangente nelle casse del clan, perché l’affare imprenditoriale, per il quale i Cesaro erano stati favoriti, non doveva ledere la liquidità che il clan comunque doveva avere e che prendeva anche dalle attività imprenditoriali sul territorio. Peraltro, se così non fosse stato, proprio perché tutte le attività imprenditoriali le gestivamo noi, il clan non avrebbe avuto più liquidità necessaria per sostenere le fila degli affiliati. “…..Sono stato scarcerato nel mese di settembre del 2008 dopo otto anni di detenzione. All’atto della mia scarcerazione ovviamente mi sono incontrato con Peppe Polverino il quale mi ha messo al corrente di tutte le novità relative alle illecite attività del sodalizio.
Dopo la mia scarcerazione quindi nel raccontarmi questo episodio Peppe mi sottolineò che per contrasti politici quasi si stavano incrinando i rapporti con i CESARO con i quali invece aveva già fatto una società per la realizzazione del P.I.P. di Marano. Interessata a tale realizzazione del PIP non era solo Peppe POLVERINO ma anche Toratti ovvero Salvatore POLVERINO figlio di zio Totonno che era l’imprenditore della famiglia POLVERINO. Ovviamente io non ero interessato a questo affare e coglievo solo ciò che Peppe di volta in volta mi raccontava su tale argomento. Nel corso del 2009 io piano piano rientravo negli affari illeciti ma della vicenda del PIP ho appreso maggiori particolari solo nel dicembre del 2009. Mi spiego meglio.
Sapevo chiaramente che stavano realizzando il PIP Peppe POLVERINO ed i CESARO anche perché dopo la mia scarcerazione il gruppo di affiliati da me gestito PERROTTA Giuseppe e LICCARDO Salvatore spesso commentavano in modo negativo il fatto che i POLVERINO “non si abbuffavano mai” cioè gestivano tutte le più grosse attività imprenditoriali escludendo gli altri affiliati. Nel dicembre del 2009 come vi ho detto in occasione di numerosi incontri con
Peppe POLVERINO ed il cugino Salvatore POLVERINO, inteso Toratti, nella zona di Viticella, Peppe POLVERINO disse in mia presenza a Salvatore: “dici a Lello, riferito a CESARO Raffaele”…perché di quello stavamo parlando… “ che a Natale non fa lo scemo e ci viene a portare l’impegno preso, digli che ci deve portare il milione di euro”. In quella stessa circostanza, poiché stavamo parlando del PIP di Marano e di quello che si stava realizzando, Peppe chiese pure a Salvatore se i capannoni si stavano vendendo. Il PIP infatti prevedeva la realizzazione di diversi capannoni industriali. A quella domanda Salvatore rispose che li stavano vendendo ma che “stavano facendo carte false” nel senso che vi erano degli ostacoli amministrativi a vendere tali capannoni. Non capii bene quale erano tali ostacoli ma Salvatore precisò che stavano superando questi ostacoli amministrativi – chiaramente a modo loro – e stavano vendendo. Ripeto gli incontri su tale argomento e su altri erano frequenti in quel periodo. Questo incontro avvenne tra la fine di novembre e la fine di dicembre del 2009. Verso la metà di dicembre del 2009 ci fu un altro incontro con Peppe POLVERINO e Salvatore POLVERINO, in occasione del quale Salvatore portò una brutta notizia. Disse a Peppe cioè che Raffaele CESARO non poteva mantenere l’impegno e consegnare a Natale il milione di euro promesso in quanto per la legge sulla trasparenza aveva difficoltà a prelevare i soldi. Peppe POLVERINO si arrabbiò e nell’arrabbiatura disvelò una serie di cose. Intanto contestava a Salvatore il quale quasi voleva giustificare la mancanza di Raffaele CESARO che il PIP di Marano non era solo dei CESARO ma anche il suo. Diceva che i POLVERINO avevano mantenuto con loro gli accordi partecipando al 50% all’affare ed in particolare avendo versato 400 mila euro e che quindi anche Raffaele CESARO doveva mantenere i suoi impegni e versare quindi al clan la prima quota estorsiva di un milione di euro. Devo precisare come ho già fatto nel precedente verbale che la richiesta del milione di euro più che una richiesta estorsiva è una richiesta partecipativa degli affari che il clan garantiva a qualsiasi imprenditore anche interno al clan. Ciò mi spiego meglio il milione di euro
poiché era la quota che la società CESARO COSTRUZIONI doveva pagare per aver vinto l’appalto del PIP, appalto vinto in società con i POLVERINO, quel milione di euro era composto da 500 mila euro dei CESARO e 500 mila euro dei POLVERINO, quindi era una quota che la società POLVERINO/CESARO doveva dare al clan”.