Camici bianchi e cartelli con l’hashtag #iosonoalessandro (e sono un cardarelliano). La comunità dell’ospedale Cardarelli di Napoli ha scelto di affidare a una foto simbolo sullo scalone del padiglione centrale del nosocomio la propria solidarietà ad Alessandro, l’infermiere aggredito brutalmente con un casco dal marito di una paziente venerdì sera. Questa mattina medici, infermieri, dirigenti, primari e operatori della struttura si sono riuniti per una foto di gruppo sulle scale dell’ingresso principale del presidio ospedaliero partenopeo per dimostrare la propria vicinanza alla vittima dell’aggressione. “L’ospedale è compatto, i cardarelliani sono tutti uniti per protestare contro questi accadimenti. Purtroppo questi sono avvenimenti che ci sono sempre stati e ci saranno: l’esasperazione non giustifica questi comportamenti, ma Alessandro non è l’unico e probabilmente non sarà l’unico. Noi oggi vogliamo dimostrare che siamo vicini ai nostri lavoratori e quindi oggi io sono Alessandro” ha detto il dirigente generale del Cardarelli Ciro Verdoliva. E a ringraziare tutti i partecipanti alla manifestazione di solidarietà è stato lo stesso Alessandro, che, seppur ancora in fase di guarigione, si è unito al gruppo per la foto. “La solidarietà mi fa piacere, però adesso bisognerebbe fare qualcosa per far sì che questo non accada più – ha spiegato Alessandro – È un problema di sicurezza importante, il mio aggressore avrebbe potuto rompermi l’occhio. Sono stata vittima di un’azione vigliacca: un’aggressione da dietro”. Parole di appoggio e di conforto sono arrivate anche da Ciro Carbone, presidente del Collegio infermieri di Napoli, che ha sottolineato come “toccare Alessandro vuol dire toccare tutti noi. Da oggi lui il simbolo di tutti gli operatori sanitari della regione Campania. Si può parlare di un problema sicurezza perché certamente potenziare all’Interno dei presidi ospedalieri la presenza delle forze dell’ordine potrebbe fare da deterrente. Ma la sicurezza si conquista anche con i comportamenti e mettendo in condizioni gli operatori di fare il proprio lavoro. Con il giusto numero di infermieri e di medici si accorcerebbero i tempi delle risposte per l’assistito e si potrebbero ridurre questi episodi. Laddove sarà possibile ci costituiremo parte civile”.