Caserta. Pentirsi per il figlio: questo vorrebbe fare il boss Mimì Belforte secondo quanto scrive in una lettera inviata alla moglie e partita dal carcere di Sassari dove è detenuto in regime di 41bis. Una lettera che ha oltrepassato la censura ed è arrivata a Rimini, a casa della figlia avuta dall’amante, lì dove – ora – è agli arresti domiciliari sua moglie, Maria Buttone. La donna, quella figlia illegittima l’ha adottata quando Angela Gentile scomparve, nel 1991. Un caso di lupara bianca sul quale si indaga ancora. E proprio nel corso delle indagini sulla scomparsa della donna che diede alla luce la primogenita del boss, sono comparse quelle lettere dal carcere di Mimì Belforte. “Sono pronto a pentirmi per salvare mio figlio” scrive il padrino. La notizia, riportata dal quotidiano Il Mattino, riporta in auge la storia di Mimì Belforte, criminale spietato, che già in passato aveva avuto ‘attimi’ di pentimento. Ma falsi. Tanto che lui stesso aveva ammesso di averlo fatto ed ora è sotto processo. “Il pm Luigi Landolfi mi perseguita – aveva detto – voglio diventare collaboratore di giustizia”. Salvo poi scoprire che l’ex cutoliano stava ‘barando’. E’ stato denunciato per falsa testimonianza.
Poi, la lettera partita da Sassari, alla quale è seguita la lettera di risposta delle moglie ai domiciliari a Rimini e trovata nella sua cella. L’irriducibile è lei, Maria Buttone, che consiglia al marito di non pentirsi. In famiglia c’è fibrillazione. Il boss di Marcianise e i suoi familiari vengono assediati dalle forze dell’ordine: perquisizioni, controlli, che riguardano anche una nuora tenuta in grande considerazione dal boss in carcere.