Camorra, il “killer dei 7 secondi” confessa: “E’ vero sono stato io”

“Ammetto le mie responsabilità. Sono io il killer, sono stato io a commettere il duplice omicidio nella sala scommesse. Ero plagiato dalla famiglia Lo Russo!”, si gioca la carta  dell’ammissione di responsabilità per evitare l’ergastolo al processo Vincenzo Bonavolta, oramai passato alla storia della cronache giudiziarie come il killer dei sette secondi. Lo ha fatto esattamente una settimana dopo l’arresto per il duplice omicidio di Salvatore “Totoriello” Scognamiglio e Salvatore Paolillo uccisi a Miano del 5 agosto 2011. Davanti al gip Francesca Ferri ha ammesso di essere lui l’autore  e del resto le riprese delle telecamere e le dichiarazioni dei ben 12 pentiti lo avevano inchiodato. E allora ecco che ha ripetuto quella sorta di ritornello che si sente nelle aule giudiziarie da circa due anni e intonato per primo dai boss di Secondigliano per evitare gli ergastoli. Dopo aver ammesso ha anche detto: “Sì, sono stato io. E chiedo scusa alle famiglie delle due vittime”. Sul suo groppone ha già due condanne in primo grado a 15 e 13 anni di carcere ma è imputato in un’altra mezza dozzina di processi per numerosi omicidi compiuti per conto del clan Lo Russo di Miano e per i loro alleati Birra-Iacomino di Ercolano. Vincenzo Bonavolta detto “Scenzore” come ha precisato nella sua confessione il boss pentito Carlo Lo Russo perché “da bambino aveva sempre il muco che gli colava dal naso e lui lo tirava su e giù, appunto come un ascensore”, è stato uno dei killer più prolifici della cosca tanto da essere “prestato” nella faida di Ercolano contro gli Ascione-Papale. Era un uomo fidato soprattutto di Antonio Lo Russo che dalla latitanza gli ordinò l’omicidio di Scognamiglio che voleva “prendersi Miano” perché Antonio Lo Russo non meritava di guidare il clan perché aveva il padre pentito (il capostipite Salvatore primo collaboratore della famiglia dei “capitoni” di Miano). E Bonavolta andò fino in Polonia nell’estate del 2011  per promettere ad Antonio Lo Russo, ovvero quello che la maggior parte di quelli del clan Lo Russo consideravano il vero capo per promettergli”che avrebbe risolto lui il problema”. E così fece. tanto che qualche giorno dopo incontrandosi con colui che aveva fatto da specchietista, ovvero Raffaele Liberti, oggi pure lui pentito, gli confidò: “Hai vist’ che l’amm schiattat a capa, io e Lellè, a chili omm ‘e merd che se vulev piglià tutt cose”.  E ora la vera confessione davanti al gip.

 Antonio Esposito

@riproduzione riservata


Articolo precedenteOmicidio Ravello: chiesto l’ergastolo per Vincenza Dipino
Articolo successivoSgominata la banda delle city-car: 17 arresti tra Roma e Napoli