Il gip Mario Morra ha disposto il divieto di dimora per Gennaro Bove, consigliere comunale a Mugnano sia tra il 2005 e il 2010 che di recente, essendo stato rieletto nel 2015 tra le liste d’opposizione all’attuale giunta. Il suo nome e’ tra quello di 80 indagati, alcuni dei quali incensurati come lui, in una inchiesta che dalla terza faida di Scampia ricostruisce la presenza a Mugnano del clan Amato-Pagano. E, scrive il gip, in questa cosca Bove ha “un ruolo partecipe e operativo nelle estorsioni”, “tenendo contatti con imprenditori, commercianti e esponenti delle amministrazioni locali”. Titolare di una agenzia di viaggio e una immobiliare, ma anche di fatto di call center e sale bingo nel Napoletano, Bove e’ figlio di un ex sindaco e ha contatti ben radicati nella macchina amministrativa del Comune, tant’e’ che due pentiti ne descrivono il ruolo importante per la cosca sul territorio. Carmine Cerrato detto Taekendò, cognato del boss Cesare Pagano, in un verbale del 26 maggio 2014 gia’ diceva ai pm, riconoscendolo in foto: “mi pare abbia lavorato al comune. Ci faceva sapere se vi erano lavori da farsi e le ditte e gli appalti per chiedere le estorsioni. Percepiva una percentuale sui lavori”. Tre giorni dopo mette nero su bianco che l’esponente politico locale era il riferimento di uno dei capozona del gruppo, Antonio D’Ando’, poi morto nel 2011 in un agguato, e che “era l’occhio e la bocca del clan al Comune di Mugnano”. E’ Antonio Caiazza, altro pentito eccellente a indirizzare gli inquirenti sulla pista che collega Bove a due imprenditori considerati contigui agli Amato-Pagano, ma soprattutto a D’Ando’ e a Francesco Biancolella, altro capozona degli scissionisti dei Di Lauro nell’area. “Teneva contatti con Ciccio ‘o monaco”, dice ai pm della Dda il 17 febbraio 2016. Ciccio ‘o monaco e’ il soprannome di Biancolella. In effetti le intercettazioni mostrano che il consigliere comunale ha un rapporto costante con Nunzia Tasso, la vedova del figlio di Biancolella, Biagio, ucciso durante la terza faida di Scampia nel 2012; Bove le ritira ogni mese l’affitto di un appartamento e glielo porta. Con i due imprenditori, poi, ritenuti i riciclatori del denaro illecito degli Amato-Pagano, realizza diversi affari in societa’, dall’acquisto di immobili in localita’ Madonna delle Grazie, a una sala bingo a Pompei e una nel quartiere Vomero di Napoli. I rapporti tra Bove e il clan si interrompono alla morte di D’Ando’, ma, annota il gip, e’ un “momento di quiescienza”, ed e’ il clan a non prendere contatti con lui per compiere estorsioni, impegnato come e’ in una fase di riorganizzazione. Le intercettazioni infatti mostrano che le sue frequentazioni con la famiglia di un esponente di spicco della consorteria criminale quale e’ Francesco Biancolella non cessano, e che continuano i fitti contatti con la rete di funzionari e imprenditori vicini all’organizzazione. Non c’e’ pericolo di reiterazione del reato, per il gip, e in piu’ Bove e’ incensurato e da qui la scelta di allontanarlo solo dal “contesto territoriale di riferimento”, senza restrizioni alla sua liberta’ personale”.Â
 Antonio Esposito
(nella foto Gennaro Bove e i due pentiti che lo accusano Carmine Cerrato, taekndò, e Antonio Caiazza)