Ercolano, il pentito: “Così cacciammo i napoletani dal business delle slot machine”

La camorra di Ercolano aveva in mano anche il business del gioco in città. Dietro le slot machine piazzate in bar, negozi e circoli ricreativi c’era l’ombra dei clan Ascione-Papale e Birra-Iacomino. E’ stato il pentito Bia­gio Munizzi, ex soldato de­gli Ascione a svelare il business: “A Ercolano c’è un giro mol­to importante di slot-machi- ne elettriche illecite. Fino al 2010 questi apparecchi venivano collocati nei bar e negli esercizi pubblici dietro minaccia da parte degli esponenti del clan Ascione e dei Birra. Ai vertici degli Ascione aveva dato fastidio che i gruppi di fuori paese, in modo particolare da Napoli, avevano messo le proprie macchinette. Per questo motivo, su incarico di Ciro Montella, nel 2009 andai personalmente in un circolo della zona alta e con il flex forzammo le getto­niere di due macchinette e prendemmo i 900 euro che vi erano all’interno. Ma non era una questio­ne di soldi, Intimammo al proprieta­rio di avvertire i gestori napoletani di recarsi a casa di Ciro Montella”. Secondo il pentito le slot rappresentavano una importantissima fonte di guadagno per la camor­ra.  Un affare d’oro gestito, dal tris di boss che in quel periodo era a capo del clan Ascione. Da Ciro Montella a Natale Dantese passando per Pietro Papale, esponente del clan dei “siciliani” di vico Moscardino.I tre padrini – secondo Mu­nizzi – avrebbero puntato forte sulle macchinette, al punto da difendere con le unghie e con i denti gli incassi. L’affare slot in quel periodo non era una novità per la camorra. E i clan napoletani avrebbero ten­tato di invadere, con le loro macchinette, il territorio degli Ascione. Al punto che sotto al Vesuvio stava per esplodere una guerra per il controllo delle macchinette.

 

(nella foto da sinistra Natale Dantese, Pietro papale e Ciro Montella)


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