Inchiesta Consip: Ferrara da teste a indagato per false informazioni al pm

– Da testimone a indagato: e’ la parabola di Luigi Ferrara, presidente dimissionario della Consip. Ferrara, uno dei testi-chiave dell’inchiesta sulla fuga di notizie che ha azzoppato l’indagine sulla Centrale di acquisti della pubblica amministrazione, era stato convocato venerdi’ scorso dai magistrati di Piazzale Clodio per essere sentito come persona informata dei fatti (e dunque senza difensore). Il colloquio con i pm – il procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi – e’ durato circa un’ora e’ mezza. Poi e’ stato interrotto. Secondo quanto e’ stato possibile ricostruire, infatti, il racconto di Ferrara -in parte diverso rispetto a quanto dichiarato in passato – non avrebbe convinto gli inquirenti: da qui la sua iscrizione nel registro degli indagati per il reato previsto dall’art. 371 bis del codice penale, “false informazioni al pubblico ministero”. L’audizione di venerdi’ di Ferrara – che ieri si e’ dimesso dalla Consip insieme alla consigliera d’amministrazione Marialaura Ferrigno – e’ stata la seconda da parte della procura di Roma, dopo quella svolta con i magistrati di Napoli. Il suo, infatti, e’ un ruolo centrale nell’inchiesta. A farne il nome era stato Luigi Marroni, amministratore delegato della Centrale acquisti. Secondo Marroni, Ferrara gli aveva raccontato di aver saputo dell’inchiesta sui vertici Consip dal Comandante Generale dei carabinieri Tullio Del Sette. Una versione, pero’, che lo stesso Ferrara aveva gia’ in qualche modo “ridimensionato” davanti ai magistrati di Napoli, e poi nel primo colloquio con quelli romani, affermando che Del Sette si era limitato a dirgli di stare attento agli incontri con Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano finito poi in carcere il primo marzo scorso con l’accusa di corruzione. Ferrara e’ stato ascoltato otto giorni dopo Marroni, che ha deposto per oltre sette ore confermando sostanzialmente quanto disse agli investigatori e agli inquirenti napoletani nel dicembre scorso. Marroni – che mantiene la veste processuale di testimone – racconto’ ai carabinieri del Noe e poi ai pm di avere saputo da quattro persone diverse e in differenti occasioni che le sue utenze telefoniche erano sotto intercettazione. Oltre al nome di Ferrara, fece anche quelli di Filippo Vannoni, presidente di Pubbliacqua, municipalizzata di Firenze, del generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia e dell’attuale ministro Luca Lotti. Gli ultimi due sono stati indagati per rivelazioni del segreto d’ufficio. Sul fronte delle indagini i magistrati di piazzale Clodio sono ancora in attesa dei risultati della consulenza disposta sui cellulari di Alessandro Sessa, numero due del Noe e indagato per depistaggio. I telefonini saranno sottoposti a una consulenza per il recupero di sms e whatsapp. Gli inquirenti approfondiranno il tema delle comunicazioni tra il numero 2 del Noe e il capitano Gian Paolo Scafarto, indagato per falso.


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