“Filippelli è stato un maestro del male e con lui anche Ferrigno e Siragusa”, un chiaro messaggio intimidatorio senza mezzi termini. Parole e voce di Giovanni Birra, il sanguinario boss di Ercolano che ieri ha reso dichiarazioni spontanee al processo per gli e Costanzo Calcagno, delitti per i quali Birra è stato condannato all’ergastolo in primo grado.
Ciro Farace fu ucciso a San Sebastiano al Vesuvio il 17 gennaio 2001 a premere il grilletto furono Gerardo Sannino e Ciro Savino. Farace sarebbe stato ucciso dal clan della Cuparella per vendicare l’omicidio di Salvatore Birra, alias “Tore Porcello” un cugino dello stesso boss Giovanni Birra, avvenuto il 9 novembre del 1997 proprio per mano di Ciro Farace, al culmine di una lite innescata da futili motivi.
Il secondo fatto di sangue, come ricostruisce Il Roma, avvenuto il 17 aprile del 2001 all’interno di un circolo ricreativo “Unione Cattolica Sant’Anna” di Via IV Novembre, da- vanti a diversi testimoni oculari. A sparare a Costanzo Calcagno fu Pasquale Angellotti dei Lo Russo di Miano. Il boss del cartello criminale dei Birra-Iacomino recluso da quasi 15 anni al 41 bis, collegato in video conferenza da carcere di Sassari per assistere al processo d’appello – che si svolge dinanzi alla terza sezione della Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Napoli, presieduta da Vincenzo Mastursi – che lo vede imputato con altri uomini del suo clan, ha usato parole non dolci nei confronti dei tre magistrati del- l’antimafia partenopea Sergio Ferrigno, Claudio Siragusa e soprattutto su Pierpaolo Filippelli, oggi procuratore aggiunto al tribunale di Torre Annunziata. Il boss ha rilasciato dichiarazioni spontanee per oltre un ora, asserendo che l’antimafia manipolata le dichiarazioni dei pentiti per gestirle a proprio comodo. Giovanni Birra ha anche spiegato che da diversi mesi gli viene negata la possibilità di vedere alcuni parenti. Nella sua deposizione il boss della Cuparella ricorda una sentenza del tribunale di Perugia che avrebbe gettato ombre sulla credibilità di alcuni collaboratori di giustizia della camorra della città degli scavi.
Parole pensanti che colpiscono Pier Paolo Filippelli, il pubblico ministero che con il suo lavoro ha quasi del tutto eliminato dalla geografia criminale campana i nomi dei clan di Ercolano. Le parole di Birra non hanno lasciato indifferente il Procuratore generale che ha chiesto al presidente della Corte di inviare in Procura la trascrizione dell’udienza, per valutare se le parole del boss possano aprire un indagine e rappresentino un reato. Ma, soprattutto, se rappresentano per il pm antimafia una minaccia che debba prevedere un rafforzamento delle misure di sicurezza nei suoi confronti.
Alla fine dell’udienza choc il pg ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado per tutti gli imputati: Giovanni Birra, ergastolo; stessa pena per il suo braccio destro Stefano Zeno; 20 anni sono stati chiesti per Ciro Uliano; mentre 12 per i collaboratori Ciro Savino e Costantino Iacomino; l’unico sconto di pena, rispetto alla sentenza di primo grado, è per Antonio Birra, fratello del boss diventato collaboratore di giustizia per lui sono stati chiesti 14 anni di carcere, mentre in primo grado era stato condannato all’ergastolo.
(nella foto Pierpaolo Filippelli e Giovanni Birra)