I pentiti: “Gennaro Bove era l’occhio e la bocca del clan Amato-Pagano al comune di Mugnano”

Mugnano. “Gennaro Bove era l’occhio e la bocca del clan al comune di Mugnano, da noi percepiva una percentuale su tutti i lavori che si facevano a Mugnano, quelli pubblici, ossia ci diceva che tipo di opera pubblica si doveva fare qual era l’importo e noi fissavamo la percentuale; poi le ditte venivano avvicinate da D ‘Andò o da Biancolella”: il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato (classe ’71) detto ‘ a recchia parla diffusamente del consigliere comunale, ieri destinatario della misura del divieto di dimora da parte del Tribunale di Napoli. Quella di Bove è una delle posizioni che il Gip Marra ritiene più compromesse nell’inchiesta per il riciclaggio dei proventi illeciti del clan Amato-Pagano. Cerrato racconta il sistema della cosca per le estorsioni sulle opere pubbliche e un elemento importante della catena era proprio Bove, titolare di un’agenzia immobiliare e un’agenzia di viaggi, da sempre ben addentrato al Comune e con rapporti costanti con gli elementi del clan. Ad avvalorare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, numerose intercettazioni, nelle quali Bove parla con persone vicine alla cosca. “Dopo la morte di D ‘Andò – dice sempre Cerrato – abbiamo perso i contatti con Bove e smesso di avere rapporti con il Comune, ma comunque facevamo le estorsioni anche se erano opere pubbliche”. Il clan imponeva una percentuale in base al valore dell’opera per tutte le costruzioni di Melito, Mugnano e Casavatore: “Per esempio se l ‘opera era di valore inferiore a 100 mila euro, noi prendevamo l’8%; superiore ai 100 mila euro, prendevamo il 3-4%, mansarde a parte, cioeÌ€ per le mansarde, secondo della grandezza, chi costruiva pagava 5 ovvero 10mila euro”.

Anche il collaboratore di giustizia Antonio Caiazza racconta dei legami di Gennaro Bove con il clan: “Teneva contatti con Ciccio ‘o Monaco – dice nel verbale del 17 febbraio 2016 –  quest’ultimo s’incaricava dei rapporti con gli impiegati comunali, portava le imbasciate ai capi del clan ossia Cesare Pagano e Raffaele Amato”.

Bove è stato per diversi anni consigliere comunale – dal 205 al 2010, e attualmente rivestiva lo stess in carico -. Durante l’attività di indagine è stato più volte intercettato con impiegati e funzionari del comune di Mugnano con i quali prendeva appuntamenti per discutere di questioni riservate.

Ma Bove – a testimonianza dei legami avuti con esponenti del clan, oltre che di conoscenza anche di cointeressenza – ha avuto anche contatti con Nunzia Tasso, moglie di Biagio Biancolella, il ras del clan ucciso nel 2012 nel corso della terza faida di Scampia, figlio di Francesco detto Ciccio ‘o monaco. Per conto della donna, il consigliere curava il ritiro del canone di locazione di un appartamento della signora. A far emergere questo particolare una serie di conversazioni telefoniche, ascoltate dagli inquirenti, nelle quali Bove si occupa di riscuotere l’affitto di un immobile intestato alla cognata della donna Vincenza Biancolella e situata in via Montale. La vedova Biancolella diede formalmente incarico a Bove, titolare dell’agenzia immobiliare, di riscuotere il canone mensile perchè lei ‘non poteva occuparsene’. Nel corso delle conversazioni emerge anche che Bove aveva un profondo legame con il defunto Biagio Biancolella e con il padre ‘Ciccio ‘o monaco’, tant’è che la donna racconta al consigliere anche delle difficoltà subentrate con la famiglia del marito, proprio in merito alla proprietà di quell’appartamento, formalmente intestato alla cognata. I dissidi sulla riscossione dell’affitto e su chi dovesse intascare i soldi si appianarono solo quando Patrizio Biancolella, fratello di Biagio, diede il via libera a Bove per consegnare i soldi alla cognata: “… noi non abbiamo bisogno dei suoi soldi” disse a Bove in una conversazione telefonica.

 Rosaria Federico

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