Rimane ad Arezzo il processo denominato “Fort Knox” relativo al traffico milionario di oro di contrabbando dall’Italia verso la Svizzera stroncato dalla Guardia di Finanza dopo una serie di lunghe e complesse indagini. Il Gup del Tribunale di Arezzo Marco Cecchi ha respinto le eccezioni di incompetenza territoriale presentate da alcuni avvocati dei 6 imputati campani (una piccola parte dei 66 complessivi, gli altri hanno optato per patteggiamenti e riti abbreviati) che avrebbero voluto spostare a Napoli l’intero fascicolo. Al trasferimento si era opposto il pm Marco Dioni che segue le indagini fin dal loro avvio. Intanto si allungano i tempi della vicenda processuale che non si concludera’ il 28 giugno come previsto inizialmente. Si profila uno slittamento a dopo la pausa estiva. Tra coloro che hanno chiesto di patteggiare e sui quali il gip Cecchi decidera’ all’ultima udienza ci sono tutti i capi dell’organizzazione, capace di movimentare un traffico di oro di contrabbando verso la Svizzera del valore di 180 milioni di euro.
Andrea Squarcialupi, figlio del patron di Chimet e UnoAerre, che si era già dimesso, come richiesto, da consigliere delegato del gigante di Badia al Pino, e aveva anche presentato, lo scorso settembre, ultima data utile, un’integrazione della dichiarazione dei redditi da 5 milioni di imponibile, con una tassazione di un paio.
Anche Michele Ascione, il sessantenne imprenditore originario di Torre del Greco ma ormai impiantato a Civitella che era il referente aretino di Petrit Kamata nell’ultimo periodo, aveva messo nel conto, insieme al patteggiamento a due anni che gli sarebbe valso la condizionale, la confisca della villa di San Giovanni dei Mori, comune di Marciano, in cui erano avvenuti gli scambi finali di oro contro contanti. Compreso quello del 10 ottobre 2012 in cui era stato sorpreso dalla Finanza mentre avveniva il passaggio fra lui e Pier Giorgio Caldera, lo spallone comasco che era il tramite verso Kamata e la Svizzera. Solo in quell’occasione erano girati un milione e mezzo in verghe d’oro contro un altro milione e mezzo in banconote nascoste nel sottofondo dell’auto.
Per ora, invece, niente confisca del denaro come della villa. Resta tutto sequestro, in attesa degli sviluppi del processo. I nomi degli altri che si vedono respingere il patteggiamento sono Flavio Bianchi (due anni concordati, avvocato Federica Valeriani), Ezio Bistarelli Cherubini (due anni di reclusione, avvocato Antonio Bonacci), Mauro Campriani (un anno e 10 mesi, avvocato Piero Melani Graverini), Maurizio Falanga (un anno di reclusione, avvocato Silvia Sansone), Nicoletta Falanga (stessa pena e stesso legale), Alessio Frasconi (un anno e 10 mesi, avvocato Federica Valeriani), Marcello Furibondi (un anno e 10 mesi, avvocato Osvaldo Fratini), Federico Pesce (un anno e 10 mesi), Raffaello Pesce (un anno e 11 mesi), Alessandro Riccarelli (due anni, avvocato Melani Graverini) e Vincenzo Trapani (un anno e 10 mesi, avvocato Simone De Fraja).
E c’è anche chi si è sentito di re di sì alla richiesta di patteggiamento. Sono solo sei di quanti erano coinvolti nella vicenda di Fort Knox. Chi sono? Luciano Albertoni ha sulla testa un doppio capo di imputazione: ricettazione e commercio abusivo di oro, ed è difeso dall’avvocato Corrado Brilli. Nella sua stessa situazione sul filo dei reati che gli sono contestati ci sono anche Giuseppe Faralli e Luca Giusti: entrambi difesi dall’avvocato Roberto Piccolo (foto a fianco) ed entrambi hanno ottenuto il patteggiamento richiesto.
Così come lo hanno ottenuto Edgardo Chianese e Fabrizio Santini, che si erano presentati con il solo fardello del commercio abusivo di oro: il primo difeso dall’avvocato Bartolomeo Malfatto e il secondo dall’avvocato Adriano Cortellessa. E fanno cinque. Infine il patteggiamento ha «premiato» Gaetano Vigilante, sul quale pendeva invece la contestazione di riciclaggio. E qui l’elenco si chiude: tutti gli altri sono usciti con il no da parte del magistrato.