Camorra, 7 clan si dividevano il business immobiliare in tutta Italia con la complicità di banche e colletti bianchi. TUTTI I NOMI

Custodia cautelare in carcere per 12 persone e domiciliari per 4; sequestro preventivo di 1.177 immobili, 211 veicoli, 59 società e 400 rapporti bancari per un valore nominale complessivo di circa 700 milioni di euro. Sono le cifre di un’operazione ancora in corso che la Guardia di Finanza sta eseguendo su disposizione del Gip e richiesta della DDA partenopea relativamente a un gruppo criminale legato a diversi clan camorristici (i Mallardo, i Di Lauro, gli Scissionisti, i Puca, gli Aversano, i Verde, i Perfetto) che operano in varie regioni italiane (dall’Emilia Romagna al Lazio e all’Abruzzo, dall’Umbria alla Sardegna e alla Lombardia) ma con base operativa in Campania. Il settore, sottolinea una nota del procuratore facente funzioni Nunzio Fragliasso, attivo in primis nel settore deli investimenti immobiliari e nelle truffe alle assicurazioni. L’operazione odierna costituisce lo sviluppo di indagini svolte negli anni passati e che avevano portato al sequestro di un’imponente lottizzazione abusiva a Melito (Parco Primavera) e al sequestro di ingenti provviste economiche.

L’indagine e’ partita la primavera scorsa durante un controllo che aveva portato alla scoperta di un intero parco a Melito, nel napoletano, edificato in maniera abusiva e con la complicita’ degli organismi pubblici deputati ai controlli e al rilascio di permessi a costruire. Gli imprenditori che avevano realizzato il complesso avevano legami con la criminalita’ organizzata locale, accertati dal fatto che uno dei soci della ditta che aveva edificato il Parco Primavera era un ex sindaco del comune di Melito, Alfredo Cicala, condannato poi per associazione a delinquere di stampo mafioso e considerato legato al clan Di Lauro. Il parco fu sottoposto a sequestro preventivo, furono effettuate diverse perquisizioni e acquisite informazioni di carattere finanziario e bancario nei confronti degli altri imprenditori (Antonio Passarelli, e i fratelli Gennaro e Carmine Chianese), che evidenziarono come i tre fossero in possesso di enormi disponibilita’ bancarie e finanziarie incompatibili con i redditi da loro dichiarati. Parte da qui un secondo filone investigativo che ha portato a scoprire interessi in Emilia Romagna dei tre, e questo ha dato vita ad altri accertamenti bancari e patrimoniali come pure a intercettazioni a carico di persone coinvolte in speculazioni immobiliari; si ricostruisce cosi’ un impero economico gestito da questa organizzazione, senza budget, bilanci, societa’ e conti correnti, nato per nascondere il sistematico reimpiego di somme di denaro di provenienza illecita. Denaro che, indicano le risultanze investigative proveniva dai vertici di vari clan, non solo i Di Lauro, ma anche i loro scissionisti Amato-Pagano, i Mallardo, i Puca gli Aversano, i Verde e i Perfetto. Il gruppo criminale, inoltre, era attivo anche nel settore delle truffe alle assicurazioni, realizzando pratiche per falsi incidenti, finti incendi e finti allagamenti, e i rimborsi o indennizzi ottenuti finivano nell’attivita’ di riciclaggio. Era proprio Antonio Passarelli, uno degli imprenditori del Parco Primavera, anche quando non compariva come socio, a essere uno dei canali illeciti di approvvigionamento di risorse dell’organizzazione. Per ripulire il denaro, Passarelli si serviva dei suoi familiari e dei fratelli Chianese.

Il gruppo criminale era formato anche da persone che erano inserite stabilmente in organizzazioni camorristiche differenti ma che cosi’ controllavano e gestivano gli interessi della propria cosca nel riciclaggio e nel settore degli investimenti immobiliari. Capitali di provenienza illecita o opaca dei clan venivano sistematicamente reimpiegati in investimenti immobiliari dal gruppo. Oltre ai riscontri bancari e alle dichiarazioni dei pentiti, le intercettazioni hanno fornito agli inquirenti le chiavi per capire il sistema molto complesso, nel quale gli indagati spostavano sistematicamente da un conto all’altro considerevoli somme di denaro per poi farle finire a titolo di ‘finanziamento conto soci’ nelle societa’. Ma il gruppo e’ anche attivo sotto il profilo ‘militare’, collaborando in attivita’ estorsive o di matrice violenta, in qualche caso coinvolgendo i vertici delle organizzazioni camorristiche di riferimento. Come nel caso di un teste costretto a cambiare la propria versione dei fatti dopo essere stato malmenato da uno degli scissionisti, allertato dal capo clan Mariano Riccio, quando era ancora latitante, il cui intervento era stato sollecitato da Antonio Passarelli. Il gruppo ha agito indisturbato per anni anche grazie a quello che la Procura definisce “stabile e determinante appoggio di insospettabili con colletti bianchi”, cioe’ funzionari di banca e commercialisti. Due di questi non solo hanno fornito “ausilio estemporaneo” agli indagati ma erano in “sinergico rapporto” con il gruppo e ne avevano tratto vantaggi personali e per questo viene contestato loro la partecipazione al clan Puca. Domenico Sangiorgi, funzionario bancario, avvisava Passarelli degli accertamenti disposti dalla magistratura per consentirgli di prendere provvedimenti per evitare le indagini. Antimo Castiglione, commercialista, organizzava tutti i passaggi societari e tutti gli escamotage per eludere le indagini e gestiva anche i patrimoni di alcuni degli indagati, come quello del capoclan Pasquale Puca. Le indagini vanno avanti perche’ il sospetto degli inquirenti e’ che il patrimonio di questo gruppo sinora individuato e oggetto del sequestro preventivo e’ esclusivamente nella disponibilita’ degli indagati e dei loro nucleo familiari, sia anche in mano a prestanome e persone coinvolte a vario titolo. Gli accertamenti finanziari e bancari sviluppati nei confronti degli indagati ovvero PASSARELLI ANTONIO, CHIANESE CARMINE, CHIANESE GENNARO, MARRONE ANTONIO, MORLANDO ANTIMO, DI SPIRITO EMANUELE hanno consentito di dimostrare che i capitali di provenienza illecita o quantomeno opaca venivano sistematicamente reimpiegati in investimenti immobiliari.

Ciò consentiva all’organizzazione di raggiungere due distinti fini; per un verso, il passaggio di mano di somme di denaro e di quote societarie rendeva difficoltosa, se non impossibile, l’individuazione delle originarie provviste poi utilizzate per le differenti operazioni di investimento e, per altro verso, proprio questi investimenti generavano un immenso patrimonio societario ed immobiliare nella disponibilità del medesimo gruppo criminale. In altri termini, anche attraverso le indagini bancarie e finanziarie, è stato possibile individuare un altro modo con cui le organizzazioni camorristiche creano le provviste illecite che ne consentono l’affermazione, anche economica, sul territorio.
Tale impostazione trovava definitivo riscontro nelle conversazioni degli stessi indagati, captate durante le intercettazioni, in cui essi raccontavano esplicitamente come opera il sistema dell’approvvigionamento dei capitali illeciti e del loro conseguente reinvestimento in immobili e quote societarie. Dalle indagini bancarie emergeva anche che gli indagati usavano spostare sistematicamente considerevoli somme di denaro tra diversi conti correnti per poi convogliarle nelle società, quasi sempre a titolo di finanziamento conto soci, prassi, quest’ultima, che integra, di per sé, gli estremi del delitto di riciclaggio. Inoltre gli approfondimenti bancari hanno consentito di scoprire che, molto spesso, le provviste utilizzate per finanziamento conto soci provenivano da soggetti che non erano soci delle società finanziate.

Ciò forniva tangibile riscontro alla ricostruzione investigativa del carattere fittizio delle complessive operazioni, che servivano esclusivamente agli indagati per attribuire una parvenza lecita all’approvvigionamento di capitali di provenienza illecita. Venivano poi sentiti diversi collaboratori di giustizia sulla partecipazione degli indagati alle organizzazioni camorristiche e sulla realizzazione dei diversi reati fine e le loro dichiarazioni hanno fornito pieno riscontro alle indagini già impostate.

Il gruppo camorristico si è rivelato attivo anche sotto il profilo militare: diversi episodi attestano la diretta partecipazione degli indagati MORLANDO Antimo detto A MUCIA, BARBIERI Salvatore detto TOTORE 0 NIRO, PASSARELLI Antonio, ESPOSITO Crescenzo, RUSSO Francesco, PASSARELLI Pasquale, MARINO Cosimo ad attività estorsive o di matrice violenta o in altre attività poste in essere per ottenere l’impunità per i delitti nel frattempo realizzati.
In alcuni episodi risultano coinvolti i vertici delle organizzazioni camorristiche: è il caso di MARINO COSIMO detto COCO’ – del clan degli SCISSIONISTI – che, dopo aver malmenato DE CRISTOFARO Alberto fino a cagionargli lesioni personali tali da renderlo allettato ed essersi impossessato della sua autovettura, lo aveva costretto a modificare la propria versione dei fatti dinanzi all’Autorità Giudiziaria in modo da scagionarlo. La rettifica della denunzia veniva provocata dall’intervento di PASSARELLI Antonio, di RICCIO MARIO, detto MARIANO, capo del clan degli SCISSIONISTI che all’epoca era uno dei latitanti più ricercati d’Italia, che si attivavano per conto dello stesso MARINO Cosimo.
È il caso di RUSSO FRANCESCO detto ‘0 LENTONE che era stato autista del capoclan MALLARDO Feliciano quando questi era in stato di libertà, e che, oltre a effettuare diverse intestazioni fittizie, aveva favorito la latitanza di affiliati del clan MALLARDO – come MORACA MAURO genero di MALLARDO FELICIANO – e partecipava ai summit con altri esponenti del clan MALLARDO per la risoluzione di problematiche camorristiche.
Le indagini hanno poi dimostrato che il gruppo camorristico investigato era riuscito ad operare indisturbato negli anni anche grazie allo stabile e determinante appoggio di insospettabili colletti bianchi: funzionari di banca e commercialisti il cui apporto si è rivelato cruciale e determinante per la vita e l’espansione dell’organizzazione criminale. Si è accertato che alcuni di essi (CASTIGLIONE ANTIMO e SANGIORGI DOMENICO) non si erano limitati a fornire un ausilio estemporaneo agli indagati, ma erano stati in costante e sinergico rapporto con il gruppo camorristico e che da esso avevano tratto vantaggi personali: tali vantaggi avevano funto da contropartita alle agevolazioni da loro stessi prestate alla vita dell’associazione criminale. Di qui la contestazione di partecipazione al clan PUCA.

lì funzionario bancario SANGIORGI DOMENICO era perfettamente consapevole dell’apporto che andava a fornire all’associazione: eclatanti le conversazioni intercettate in cui il bancario, dapprima, avvisava PASSARELLI Antonio degli accertamenti disposti dalla magistratura a carico del suo sodale CICCARELLI Francesco e, successivamente, lo ragguagliava anche sulle ulteriori richieste inoltrate alla banca sul conto dello stesso PASSARELLI, e ciò proprio per consentirgli di prendere provvedimenti e adottare le contromisure per non finire nelle maglie delle indagini.
Il commercialista CASTIGLIONE Antimo organizzava con gli indagati i passaggi societari e preordinava tutti gli éscamotages per eludere le investigazioni e gestiva, anche direttamente, i patrimoni degli indagati, tra cui anche quello del capoclan PUCA Pasquale “0 MINORENNE”. Il dato investigativo più significativo è certamente quello quantitativo, essendo emerso che il gruppo criminale monitorato aveva la disponibilità di un patrimonio illecito che, ad aprile del 2015, ammontava a 1.177 (miìlecentosettantasette) immobili, 62 società commerciali, 211 veicoli per un controvalore di circa 700 milioni di euro.
Tale quantificazione comprende il patrimonio dei soli indagati e dei rispettivi nuclei familiari, ovvero esclusivamente dei soggetti per i quali sono state condotte approfondite ricostruzioni bancarie e patrimoniali; nel computo suindicato non rientrano i soggetti prestanome [in quanto per essi non sono stati acquisiti elementi tali da rendere certa l’esistenza della consapevolezza del carattere fittizio delle attività di intestazione) nonché tutti coloro che, pur essendo coinvolti a vario titolo nelle intestazioni di beni o società, non sono risultati in sproporzione reddituale con i patrimoni posseduti. Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare (personale e reale) sono state eseguite numerose perquisizioni.

CUSTODIA IN CARCERE:

PASSARELLI ANTONIO nato a Mugnano di Napoli il 04.12.1956;
BARBIERI Salvatore nato a Sant’Antimo (NA) il 20.12.1970;
CASTIGLIONE Antimo nato a Sant’Antimo (NA) il 10.05.1957;
CHIANESE Carmine nato a Melito di Napoli (NA) il 25.10.1960;
CHIANESE Gennaro nato a Melito di Napoli (NA) il 13.01.1958;
DI SPIRITO Emanuele nato a Sant’Antimo (NA) il 18.02.1962;
ESPOSTO Crescenzo nato a Brusciano (NA) il 08.07.1965;
MARINO Cosimo nato Melito di Napoli (NA) il 22.10.1984 ;
MORLANDO Antimo nato a Sant’Antimo (NA) il 11.05.1961;
RICCIO Mario nato a Mugnano di Napoli (NA) il 28.06.1991;
RUSSO Francesco nato a Casoria (NA) il 09/06/1977;
SANGIORGI Domenico nato a Faenza (RA) il 19.10.1958;

ARRESTI DOMICILIARI :

CICATELLI Francesco nato a Grumo Nevano (NA) il 26.07.1954;
GERVASIO Teresa nata a Napoli il 23.06.1959;
PASSARELLI Pasquale nato a Napoli il 10.11.1977;
PUCA Pasquale nato a Sant’Antimo (NA) il 09.07.1964.

GLI INDAGATI:

Antonio Passarelli di Melito
Abbate Luigi di Calvizzano
Baccichet Roberto di Avellino
Barbieri Salvatore di Sant’Antimo
Cardone Ciro di Arzano
Castiglione Antimo di Sant’Antimo
Cerbone Pasquale di Napoli
Chianese Carmine di Melito
Chianese Gennaro di Melito
Cicatelli Francesco di Grumo
Ciciretti Antonio di Mercogliano
Cristiano Gennaro di Napoli
D’Arco Gaetano di Grumo
Passarelli Eduardo di Melito
Passarelli Maria di Melito
Passarelli Pasquale di Melito
Peluso Giuseppe di Vasto
Perfetto Giuseppe di Grumo
Puca Pasquale di Sant’Antimo
Raimondo Domenico di Giugliano
Ramaglia Bruno di Napoli
Riccio Alfonso di Marano
Riccio Mariano di Marano
Romano Angelo di Marano
Russo Francesco di Giugliano
Sangiorgi Domenico di Bologna
Seller Giuseppe di Napoli
Settembre Marco di Napoli
Settembre Salvatore di Mugnano
Tuccillo Salvatore di Napoli
Urbino Maria di Cesa
Dell’Ormo Crescenzo di Arzano
Di matteo Lucrezia di Sant’Antimo
Di Spirito Angelo di Sant’Antimo
Di Spirito Emanuele di Sant’Antimo
Di Spirito Francesco Ciro di Sant’Antimo
Esposito Crescenzo di Frattaminore
Esposito Vito di Napoli
Federico Antonella di Napoli
Filippazzo Rosario di Caserta
Gambardella Alessandro di Casoria
Gargiulio Pietro di Napoli
Gervasio Teresa di Melito
Gervasio Antimo di Grumo
Giannotti Maria di Casandrino
Granata Giuliano di Giugliano
Iacolare Vincenzo di Mugnano
Iannaccone Nicola di Casandrino
Marino Cosimo di Scampia
Marrone Antonio a Melito
Massaro Domenico di Cesa Migliaccio Domenico di Casandrino
Monari Lea di Bologna
Morlando Antimo di Sant’Antimo
Morlando Domenico di Sant’Antimo
Morvillo Pasquale di Nola
Palma Carmine di Casalnuovo


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