Consip, la Cassazione: “Verificare la legittimità dell’utilizzo del virus spia nei confronti di Romeo”

Roma. Una verifica sulla legittimità del virus pia nei confronti dell’imprenditore Alfredo Romeo. Controlli troppo invasivi tenuto conto che Romeo è un incensurato. Ed inoltre, nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare nei confronti dell’imprenditore napoletano non vi è accenno alla necessità del carcere che poteva essere sostituita con la misura alternativa dei domiciliari con braccialetto elettronico. Sono questi i punti fondamentali accolti dalla Cassazione dopo il ricorso dei legali dell’imprenditore arrestato e scaturiti dall’udienza del 13 giugno scorso. Sono stati rese note le motivazioni dei giudici della Cassazione in merito alle esigenze cautelari nei confronti di Alfredo Romeo. “Nessun controllo e’ stato effettuato, pur a fronte di eccezioni gravi e puntualmente formulate in sede di gravame cautelare, sulla sussistenza dei presupposti di legittimità delle operazioni di intercettazione ambientale, il cui esito documentava l’esistenza di 13 incontri avvenuti tra Gasparri e Romeo a partire dall’attivazione del su indicato mezzo di ricerca della prova, ossia dal 3 agosto 2016, sino alla data del 29 novembre 2016”. A rilevarlo è la sesta sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui, il 13 giugno scorso, annullò con rinvio, accogliendo il ricorso dei difensori, la decisione del Riesame di Roma di confermare la custodia in carcere per l’imprenditore Alfredo Romeo, arrestato il primo marzo nell’ambito dell’inchiesta Consip. Romeo – ora ai domiciliari con braccialetto elettronico – ha passato alcuni mesi nel penitenziario di Regina Coeli accusato di corruzione: secondo i pm, avrebbe versato, nell’arco di diversi anni, 100mila euro al dirigente Consip Marco Gasparri. La Suprema Corte, in particolare, chiede che il Riesame svolga “le già richieste, ma non effettuate” verifiche sul “materiale indiziario” emerso dalle intercettazioni ambientali realizzate con “software spia”: va accertato, scrivono i giudici di piazza Cavour nella sentenza depositata oggi, “il profilo attinente alla necessaria individuazione degli elementi di collegamento della condotta delittuosa oggetto del tema d’accusa cautelare con l’esistenza di associazioni criminali, anche e soprattutto di tipo organizzato, la cui sicura valenza sul piano indiziario potrebbe in tesi giustificare l’utilizzazione dei mezzi particolarmente invasivi impiegati nel caso di specie per effetto del ricorso ai cosiddetti captatori informatici nei dispositivi elettronici portatili”, nonchè “la coincidenza – conclude la Cassazione – tra le ipotesi delittuose oggetto delle iscrizioni effettuate nel registro delle notizie di reato e quelle poi indicate nelle richieste e nei correlativi decreti di autorizzazione e proroga delle intercettazioni utilizzate nel presente procedimento che si riferiscono alla configurazione dell’ipotesi delittuosa ivi provvisoriamente contestata”. Accogliendo la parte del ricorso relativo alle esigenze cautelari, la Cassazione ricorda che Romeo è incensurato e che “sulle attività d’indagine in corso non sono esplicitati nella motivazione precisi riferimenti dai quali ricavare l’esistenza del periculum libertatis e che su quelle ormai espletate l’esposizione è solo genericamente illustrata”. La Corte ricorda poi che in tema di custodia cautelare, dopo la riforma del 2015, il giudice deve motivare sulla idoneità degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, “profilo questo di cui non vi è traccia nell’ordinanza impugnata”.


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