Omicidio dell’ex pentito: qualcuno ha tradito Antonio Fontana ‘o fasano

C’è qualcuno che ha tradito Antonio Fontana ‘o fasano: uno specchiettista che ha avvisato i killer del suo arrivo ad Agerola. Gli inquirenti partono da questo particolare per iniziare le indagini su un omicidio eccellente come quello dell’ex pentito di Castellammare e che riguarda appunto la camorra stabiese anche se avvenuto ad Agerola. La traccia comunque porta sui Monti Lattari e verso la cosca degli Afeltra-Di Martino i famigerati narcos ex alleati del defunto boss comunista Umberto Mario Imparato. Un omicidio del genere non si commette nel loro territorio senza il loro permesso e senza le loro coperture. Gli investigatori, che naturalmente in questa prima fase di indagine non  tralasciano alcuna ipotesi sembrano voler scartare la pista che porta a Castellammare e alla vendetta postuma del clan D’Alessandro nei confronti di un vecchio camorrista, ex cutoliano e da sempre nemico della cosca di Scanzano. Lo fanno perché in primo luogo in questo momento nel clan D’Alessandro non ci sono elementi in grado di compiere un omicidio del genere, a meno che non si siano rivolti agli storici alleati della camorra napoletana di Secondigliano. E soprattutto perché chi conosceva, come gli stabiesi, le abitudini di Antonio Fontana sa benissimo che ‘o fasano negli ultimi tempi era solito partire la mattina presto dalla sua abitazione dell’Acqua della Madonna per fare jogging da solo e dirigersi verso Pozzano. Un tragitto e un orario ideale per compiere un omicidio con tutta tranquillità senza traffico e senza il pericolo di essere visto. E allora gli inquirenti pensano che ‘o fasano avesse appuntamento con qualcuno ad Agerola o quantomeno avesse detto a qualcuno che andava ad Agerola a mangiare una pizza con la moglie. Gli investigatori stanno cercando di capire se nella pizzeria si trovassero pregiudicati nel momento in cui è arrivato Fontana. Ora si cerca di capire se attraverso i filmati delle telecamere pubbliche e private poste lungo il tragitto fatto dai killer sia in arrivo sia durante la fuga ad Agerola si sia qualcosa di utile per risalire all’identità dei killer. Sicari che sono arrivati sul posto con una utilitaria. Sicari esperti e che non hanno sbagliato un colpo. La loro era una missione di morte precisa e con precisione chirurgica è stata portata a compimento. Gli investigatori hanno anche sequestrato il cellulare della vittima da dove si spera di capire chi stesso frequentando ultimamente Fontana e soprattutto se vi siano messaggi o altro sempre utili alle indagini.

La famiglia Fontana da sempre avversaria dei D’Alessandro è finita più volte nel mirino dei killer. La stessa vittima di ieri sera sul finire degli anni Novanta quando uscì dal  carcere dopo anni di detenzione chiese protezione perchè si sentiva minacciato. Nel 2008 i suoi fratelli Alfonso e Patrice furono oggetto di un agguato da parte del nipote di un boss del clan D’Alessandro per vecchie ruggini. Sia lui sia il fratello Luciano (pentito) condannato in primo grado a 12 anni di carcere, entrò a far parte prima del clan dei falsi pentiti poi in quello degli ex cutoliani stabiesi Scarpa-Omobono con l’intento, non riuscito di spodestare il clan D’Alessandro. In quella stagione di nuova faida ci furono gli omicidi eccellenti di Antonio Martone, cognato del defunto padrino Michele D’Alessandro, e di Giuseppe Verdoliva detto Peppe l’autista, storico accompagnatore del  capo cosca morto in carcere. E soprattutto Luciano Fontana ebbe un ruolo determinante in quegli omicidi come poi in seguito ha raccontato da vero pentito, anche se con molte contraddizioni.

Poi nel 2012 il primo storico pentito della famiglia D’Alessandro ovvero il nipote  Salvatore Belviso, uno dei quattro componenti del commando che uccise il consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino raccontò agli investigatori che Antonio Fontana ‘o fasano era finito nella “black list” di Enzuccio D’Alessandro, all’epoca unico figlio del defunto  boss in libertà: “Enzuccio seppe anche che io stavo frequentando ancora Mena (si tratta di Mena Fasano nipote di Antonio che poi ha sposato ndr) Una volta prese il mio telefono mentre parlavo con lei e mi disse di andare a prendere una cosa in macchina. Parlarono al telefono, ma non so cosa si dissero…C’erano tre priorità esclusive. Omicidi che dovevamo fare assolutamente. Si trattava di Antonio Fontana per primo, perchè con le sue dichiarazioni aveva fatto arrestare i D’Alessandro. Poi dovevamo eliminare Gennaro Chierchia di Gragnano detto Rino o’ pecorone e infine Raffaele Belviso di Ponte Persica…Era una cosa normale che si dovesse uccidere il padre di mia moglie. Lei ha preso me, io lei. Non le nostre rispettive famiglie…A Gragnano, ad esempio, non potevamo uccidere altre perso- ne se prima non facevamo fuori Chier- chia. Stessa cosa all’Acqua della Madonna o a Ponte Persica. Uccidere altre persone fuori dalla lista significava atti- rare l’attenzione sui nostri movimenti” .

Rosaria Federico

@riporduzione riservata

(nella foto il luogo dell’omicidio)


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