Arzano. Furbetti del cartellino: Costituzione di parte civile del comune. Con delibera nr. 2 dell’otto agosto, la nuova amministrazione guidata dal neo sindaco Fiorella Esposito, nell’ottica di trasparenza e legalità , ha approvato l’atto con la quale il comune si costituisce parte civile nel procedimento relativo all’udienza preliminare del 18 ottobre prossimo di richiesta rinvio a giudizio avallata dal Gip Fabrizio Finamore a seguito di ordinanza cautelare di sospensione dal servizio per il reato di falso ideologico che aveva colpito il colonnello  Angela Errichiello, comandante del corpo, il capitano Domenico Barone e il sottufficiale Luigi Marigliano. Secondo le accuse mosse dalla Procura Napoli Nord, i tre appartenenti alla Pl, tra cui il comandante, sono accusati di aver utilizzato impropriamente i badge in dotazione. Leggendo l’ipotesi accusatoria, infatti, i cartellini marcatempo sarebbero  stati consegnati in circostanze diverse ad uno solo degli agenti che avrebbe provveduto  di volta in volta all’inserimento nell’apposito sistema anche per gli altri due. Ciò per far risultare, falsamente, la loro presenza in ufficio, così da indurre in errore l’amministrazione sulle di ore di lavoro effettivamente svolte, e, di conseguenza, far sì che le relative indennità  fossero ingiustamente corrisposte, con conseguente danno erariale per il Comune di Arzano. Le indagini, sono state compiute anche mediante l’ausilio di piu’ telecamere nascoste installate negli uffici del Comando dei vigili. L’avvio degli accertamenti investigativi scaturiva anche dal provvedimento dei Giudici del Tribunale del Riesame di Napoli, in cui, decidendo in merito all’ordinanza cautelare che, nel luglio 2016, aveva colpito altri appartenenti al corpo dei vigili urbani.  Nei mesi scorsi infatti, furono colpiti da ordinanza cautelare di sospensione dal servizio e poco dopo condannati in primo grado con il rito abbreviato a 6 mesi di reclusione per il reato di falso ideologico l’ufficiale Vincenza Merolla, il sottufficiale Alfredo Sora e il geometra comunale Francesco Aruta. Mentre, l’agente Rosa Mastrocinque (sotto inchiesta per lo stesso filone), finì ai domiciliari per il reato di falso ideologico, con l’aggravante dell’ induzione alla corruzione e tentata concussione, con processo ancora in corso e quasi giunto alle battute finali. Dalle indagini  emerse, la vigilessa finita ai domiciliari, secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal gip, venuta a conoscenza che un altro sopralluogo era stato effettuato dal tecnico (successivamente aggredito ad opera di ignoti ) che aveva provveduto a segnalare l’abuso, aveva avvicinato quest’ultimo attraverso l’intercessione di un altro collega che lo avrebbe invitato fin dentro l’area parcheggio del comando della Polizia locale, e con minacce e offerte di denaro, accompagnata dal consorte, aveva tentato di indurlo a distruggere il verbale a suo sfavore. Dal primo arresto, molto probabilmente,  si erano accesi i riflettori sull’intero operato dei caschi bianchi. Colpiti da ordinanza cautelare di obbligo di dimora fuori dal comune di residenza per il reato di depistaggio invece nell’ambito della stessa indagine che aveva provocato il secondo arresto della Mastrocinque: Luigi Di Nocera, Silvana De Rosa e Antonio Gesso. Quest’ultimo colpito anche da ulteriore ordinanza di sospensione per un verbale ritenuto manomesso e che aveva fatto finire indagato un’altro vigile urbano a sua insaputa. Gli agenti indagati per depistaggio insieme alla collega Mastrocinque,  hanno ottenuto con il ricorso in Cassazione, l’annullamento delle misure cautelari pur restando tutti  indagati e in attesa della riformulazione del reato da parte della Procura.  In particolare, era stata ritenuta non veritiera la versione fornita al Pubblico Ministero da tre appartenenti alla polizia – alternativa a quella riferita dal tecnico comunale – essendosi palesata, secondo l’ipotesi accusatoria, quale evidente frutto di un preventivo accordo intercorso tra i vigili urbani per favorire la loro collega. L’applicazione della fattispecie in argomento alle condotte poste in essere dagli indagati trova la sua ragion d’essere nella qualifica di pubblico ufficiale rivestita dagli stessi, i quali sono stati sentiti – su istanza della difesa della vigile urbana agli arresti domiciliari per istigazione alla corruzione – su fatti concernenti la loro attività istituzionale, svolta nell’ambito dei vigili urbani di Arzano. Gli indagati, secondo il grave quadro indiziario emerso nei loro confronti dalle indagini, invece di collaborare con l’A.G., fornendo un’esatta e reale ricostruzione della vicenda che vedeva protagonista la vigile pur potendo fornire informazioni veritiere (eventualmente anche a favore di quest’ultima) – disattendendo il dovere di lealtà e di collaborazione derivante dal fatto dl rivestire l’incarico di pubblico ufficiale – sviavano le indagini per alleggerire la posizione processuale della collega. Il tutto, intercettati mentre conversavano tra di loro nelle stanze della Procura e in attesa di essere ascoltati come testimoni. Ovviamente sono tutti da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.Â
 Ciro Bene