Avellino: le prime parole di Morosini

Dalla Liguria all’Irpinia. Tanto tuonò che piovve e, gabbando il meteo, Leonardo Morosini «Non sono Messi»; «ho scelto la maglia numero 21 perchè era quella di Pirlo, uno che creava fantasia e ne voglio creare anch’io per la mia nuova squadra») s’è finalmente fiondato ad Avellino in una mattinata hot – sfiorati i 35 gradi – allorchè intorno alle 11, sotto lo sguardo compiaciuto e liberatorio dei due direttori Max Taccone ed Enzo De Vito, s’è legato al club irpino con la formula del prestito secco. Grazie ai buoni uffici del patron dei grifoni, Enrico Preziosi, che da irpino purosangue s’era stretto la mano con Walter Taccone – cosa che vale più di un contratto scritto – oltre ad una raffica di telefonate che hanno scritto via etere una delle telenovele più seguite di quest’estate di calcio mercato. Il benvenuto glielo hanno tributato dagli spalti nel primo allenamento e poi fuori dalla sala stampa, circa duecento tifosi, accaldati ma felici per questo arrivo nella sua nuova famiglia che si tinge di biancoverde. Sì, una famiglia e grazie, oltre alla pedalata definitiva e vincente del suo procuratore, ironia del nome – è Claudio Vigorelli – soprattutto anche del convincimento operato pazientemente da papà e mamma, su pressing da buon padre di famiglia del patron Walter Tacccone che lo ha sentito più volte al telefono in questo tira e molla di un valzer che sembrava là per là per interrompersi ed invece s’è concluso conb rose e fiori. «È vero – esordisce convinto e per niente emozionato, come se fosse di casa già da anni il trequartista – è stato un mese importante in cui dovevo prendere una decisione importante per colorare una stagione che sarà e dovrà essere importantissima per me e per la squadra che ho scelto. Avellino o altro club, quando si sceglie, bisogna pensare, dribblare incertezze e dubbi: è normale ed è umano. La mia è stata una scelta ponderata, ma è altrettanto vero che mi ha spinto il pressing della mia famiglia e del presidente Taccone, persona assai gentile e rassicurante e poi quello di mister Novellino che mi ha voluto fortemente, non tralsciando che di Avellino mi hanno parlato bene Armandino (Izzo, ndr), Galabinov, Biraschi e Omeonga. Ed eccomi qua». Corteggiatissimo, Leonardo Morosini che scende di nuovo in B. «Vero, ma in una grande piazza – che fuori urla e scandisce il suo nome -; è chiaro che quando c’è grande responsabilità, l’impegno deve decuplicarsi, ed io continuerò a seguire il mio percorso calcistico, iniziato a Brescia e lungo il solco della cultura del lavoro, proseguito per sei mesi a Genova ed ora in una grande piazza del calcio italiano che proverò e farò di tutto per riportare in alto. Certo, non sono il Messi di Avellino – sorride quando qualcuno lo paragona al grande Lionel del Barca – , ma anche in cadetteria ci sono giocatori forti e tutti decisi a mettersi in mostra in un campionato difficilissimo e allora dico che se si vuol vincere, bisogna farlo in gruppo. Sono qui per far bene in un contesto di squadra per la quale mi metterò in toto a disposizione e a servizio dal primo giorno, come oggi». Ed eccolo qua Leonardo il Moro, alla corte di Walter Alfredo Novellino, ma in quale contesto tecnico, lui, trequartista moderno, ottima propensione all’inserimento e generosità nel ripiegare quando il gioco lu richiede e che ha giocato nel 4-2-3-1 di Boscaglia che nel 4-2-3-1 di Brocchi che l’ha pure sfruttato da ala sinistra nel 4-3-3? «Posso essere utile nella zona tra le linee in cui preferisco giocare di massima, ma vedremo cosa mi chiderà il mister». Morosini, dunque, alle spalle di Ardemagni, Castaldo e Asencio: un grosso potenziale d’attacco, magari per un esordio al cardiopalmo contro il suo ex Brescia. «Sì, abbiamo un attacco molto forte, ma come il nostro ce ne sono altri altrettanto forti, quindi sarà battaglia».


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