Avellino: il Vangelo secondo Novellino

Con 347 presenze in panchina che, in serie B, d’altronde non si collezionano per caso e grazie ai suoi quattro campionati vinti guarda dall’alto Zeman (fermo a quota due) e Tesser (uno). «Ma non mi sono sbilanciato: ha detto poi, sempre sorridente e ironico in sala stampa ho solo sottolineato che prima di rimanere a casa con mia moglie vorrei ancora divertirmi ed emozionarmi un po’». In fondo è l’emozione a reggere tutto: perché a 64 anni e dopo alcune stagioni non brillanti, può anche venire la voglia di restare a Perugia, a interessarsi dei vari affari costruiti in questi anni, anziché stare su un campo di calcio a sudare, urlare e mettersi in discussione. «Ad Avellino sto vivendo la mia seconda giovinezza ha ripetuto spesso il tecnico ci tengo a fare bene e mi sento carico, come ai tempi del Napoli e della Sampdoria, che sono i due club ai quali mi sento più legato. Vorrei che la squadra assumesse prima di tutto le qualità dell’animale che rappresenta: il lupo e poi anche le mie caratteristiche, ovvero la tenacia, la passione, la grinta». Di grinta ne ha talmente tanta che per esultare al gol di Ardemagni, sabato sera, stava cadendo dalle scale della Tribuna Terminio, dove era stato relegato per l’ennesima espulsione dell’arbitro. «Speravo che mia moglie Graziella non mi vedesse ed invece subito dopo la partita mi ha chiamato per rimproverarmi. Sostiene che non sto mai fermo».


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