Camorra, il pentito: ”Un impiegato del porto aiuta i clan a fare arrivare la droga nei container senza effettuare controlli”

Ci sarebbe un  impiegato della dogana nel porto di Napoli che aiuta i clan della camorra a far arrivare i carichi di droga nei container senza passare per i controlli. Lo ha rivelato alla Dda di napoli, il pentito Mario Lo Russo, uno degli ex vertici dei “Capitoni” di Miano. In un verbale dell’agosto 2016 confluito nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca ferri e che l’altro giorno ha portato in carcere 40 nuovi esponenti del clan Lo Russo. Tra questi figurano come esponenti apicali e addetti al traffico internazionale di droga, Damiano Pecorelli, cugino del famigerato killer Oscar ‘o malommo e Salvatore Angelo Miraglia, parente degli stessi lo Russo.
Parlando dei due il pentito Mario Lo Russo ha raccontato:… Quanto ai miei beni, dico subito che ho guadagnato 700.000 euro da Damiano Pecorelli e Salvatore Miraglia genero di mia sorella Dora . La Masseria Cardone nella persona di Paolo Abbatiello si voleva prendere un grosso carico di droga da loro e loro si rivolsero a me per aiuto. Io tramite mio genero Ettore ho sistemato la cosa con i Licciardi e ne abbiamo tratto un guadagno di 700,000 euro che ho diviso con mio genero Ettore, ed ho dato qualcosa anche a Giulio, Mimmo Raffone, Lelle’ e Gigiotto.Mi viene chiesto di precisare i miei rapporti con Damiano Pecorelli e Salvatore Marigliano, persone ho cui ha già fatto cenno nel corso del primo verbale dichiarando quanto segue: Quanto ai miei beni, dico subito che ho guadagnato 700.000 euro da Damiano Pecorelli e Salvatore Marigliano, genero di mia sorella Dora. La Masseria Cardone nella persona di Paolo Abbatiello si voleva prendere un grosso carico di droga da loro e loro si rivolsero a me per aiuto. Io tramite mio genero Ettore ho sistemato la cosa con i Licciardi e ne abbiamo tratto un guadagno di 700,000 euro che ho diviso con mio genero Ettore, ed ho dato qualcosa anche a Giulio, Mimmo Raffone , Lelle’ e Gigiotto.”
“… confermo queste dichiarazioni e mi spiego meglio. Si deve comprendere che sia Damiano sia Salvatore pagavano a noi una tassa mensile di 5 o 10.000 euro, non ricordo con precisione ma piu’ 10 che 5. Pagavano questa somma mensile perché lavoravano da “privati” con la droga, facevano grossi traffici di cocaina da Panama. Questo accadeva già prima che io tornassi in libertà nel 2013 e quando sono stato scarcerato io sono subentrato in questa cosa. Loro pagavamo a noi mensilmente e noi consentivamo loro di fare questi grossi traffici in autonomia. Il denaro veniva prelevato da Lelle’ o Gigiotto.
Accadde poi che Damiano e Salvatore si rivolsero a me per ricevere aiuto con i Licciardi in quanto si era verificato un problema con un grosso carico di cocaina, di circa 3-400 chili, che era arrivato al Porto di Napoli in un container sul quale i Licciardi avanzavano delle pretese. In particolare per quanto mi dissero Salvatore e Damiano si trattava di un loro carico di droga ed invece i Licciardi, nelle persone di Paolo Abbatiello e Maria Licciardi sostenevano fosse un loro carico. Chiamai quindi mio genero Ettore Bosti persona che come ho già detto traffica in droga e che mi risulta avere contatti con una persona che lo aiuta al Porto nel senso che lo favorisce per i traffici di droga. Mio genero Ettore si informò tramite questa persona ed ebbe conferma che il carico in questione, contenuto in un container che era arrivato al Porto di Napoli, era di Damiano e Salvatore e non dei Licciardi.
Questa persona che conosce bene mio genero Ettore se non sbaglio si chiama Renato, l’ho incontrato in una sola occasione a casa di mio genero Mimmo Raffone. Parlammo proprio di questa questione e ricordo che lui chiarì che si trattava di un carico di Salvatore e Damiano. Descrivo questo Renato come una persona di circa 56-57 anni, più o meno mio coetaneo, brizzolato in parte stempiato, magro. Non so che incarico ricopra all’interno del Porto ma non credo sia un appartenente alle forze dell’ordine, credo sia un impiegato, comunque aveva la possibilità di vedere “gli incartamenti” le bolle di accompagnamento etc.
Ettore Bosti quindi risolse la situazione dei Licciardi nel senso che ebbe un incontro con loro, se ben ricordo sia con Paolo Abbatiello sia con Maria Licciardi ed il problema quindi si risolse grazie appunto al nostro intervento. Per la nostra mediazione ho chiesto a Damiano Pecorelli un compenso di un milione di euro. Era presente anche mio genero Ettore Bosti. Il periodo di questo fatto è l’estate del 2013, ricordo che stavo ai domiciliari. Ci accordammo poi per la minor somma di 700.000 euro che Damiano mi consegnò in contanti a casa mia in un borsone. Di questi soldi ho trattenuto per me 300.000 euro, 180.000 euro li ho dati a mio genero Ettore ed il resto in quote di 40.000 euro li ho distribuiti a Lelle’, Gigiotto, Gennaro Palumbo, Mimmo Raffone e Tonino figlio di Salvatore.
A Tonino che era latitante in quel periodo li ho mandati tramite Lelle’ e Gigiotto… effettivamente per questa vicenda ho avuto un litigio con mio fratello Carlo, non lo avevo detto prima perché non pensavo fosse importante. Mio fratello Carlo mi telefonò durante uno dei permessi di cui usufruiva da detenuto e si incazzò molto con me perché non avevo dato niente all’altro suo figlio Enzo, da quel momento i nostri rapporti si sono interrotti. Dico anche che per quanto disse Paoluccio Abbatiello a mio genero Ettore nel carico di droga dei Licciardi era interessata anche tale Maria, compagna di Cappello Salvatore, ergastolano catanese che avevo conosciuto al carcere di Viterbo”.

Antonio Esposito

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(nella foto da sinistra Mario Lo Russo, Damiano Pecorelli, Ettore Bosti, Maria Licciardi e Paolo Abbatiello)

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