Terrorismo: il trafficante di armi di San Giorgio voleva costruire in Iran una fabbrica da 220 milioni di proiettili all’anno

Come già fatto in Russia ed Egitto “con piena soddisfazione dei committenti”, Mario Di Leva, il trafficante d’armi di San Giorgio a Cremano  arrestato insieme con la moglie, la fine dello scorso mese di gennaio, aveva intenzione di portare avanti un analogo progetto per la realizzazione di una fabbrica di proiettili anche per l’Iran. Il tutto con la collaborazione di altre due persone, una delle quali scelta in quanto “ferrata in materia”. Si tratta della stessa persona che, in una foto, viene ritratta seduta su una catasta di Ak47. La circostanza emerge dal provvedimento di fermo emesso dalla DDA di NAPOLI (pm Catello Maresca e Maurizio Giordano) ed eseguito, lo scorso 31 gennaio, dalla Guardia di Finanza di Venezia. Nel computer sequestrato a Di Leva, detto Jaafar, (che ha assunto il nome del settimo imam dopo la conversione all’Islam) il 12 novembre del 2015, è stata trovata l’offerta, sottoscritta il 21 febbraio dello stesso anno, riguardante la fornitura di macchinari necessari per costituire in Iran l’industria per la produzione e la ricarica di proiettili militari. Si tratta di un’offerta da 28,6 milioni di euro per una produzione annua di 220 milioni di proiettili militari. Di Leva, per conto dell’Iran, si sarebbe anche occupato di una fornitura di piombo da destinare al mercato italiano, come si evince da una fattura trovata sempre nel suo pc: nel documento – datato 30 settembre 2015 – viene specificato che il porto di partenza del piombo è quello iraniano di Bandar Abbas (Iran) mentre la destinazione è lo scalo portuale partenopeo.

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