Se fosse ancora tra noi, il sette febbraio avrebbe festeggiato sessant’anni. Invece il 2016 sarà ricordato come il trentennale della sua scomparsa. Nonostante l’amaro destino, Annibale Ruccello continua ad essere un autentico punto di riferimento per le nuove generazioni di attori e autori. Il suo teatro ha spazzato via il perbenismo borghese e ha evidenziato le difficoltà del vivere. Ma proviamo a ricostruire le tappe fondamentali del drammaturgo stabiese.
L’ESORDIO
La breve ma intensa carriera teatrale di Annibale Ruccello iniziò a Castellammare nel 1975 con un concerto di canzoni popolari napoletane. Nel Natale 76, col gruppo dei “Dodici Pozzi”, mise in scena “La Cantata dei Pastori” e interpretò lo scrivano Razzullo. L’anno successivo scrisse “L’osteria del Melograno”, testo teatrale basato sulle fiabe del “Pentamerone” di Basile. Sempre nel 1977 iniziò a collaborare con Roberto De Simone nella raccolta di canti e tradizioni della Campania. Esaurito questo primo momento di riflessione sul linguaggio e sulla gestualità del teatro popolare campano, Ruccello fondò la Cooperativa “Il Carro” e portò in scena “Rottami”, una rielaborazione di Jonesco. Questo lavoro, realizzato con spirito sperimentale, è stata la prima esperienza affrontata in lingua.
LE OPERE MAGGIORI
Con “Le cinque rose di Jennifer”, “Notturno di donne con ospiti” e “Week-end” realizzò la cosiddetta trilogia nera in cui la nota predominante è la drammaticità della solitudine quotidiana, in un universo degradato popolato da “deportati”. A proposito di Jennifer disse: “All’inizio è stato un gioco, mi divertiva scrivere un giallo; dopo di che sono confluite le mie idee sulla solitudine, il degrado umano, l’aberrazione. Avrei potuto tranquillamente impostare il lavoro su due uomini, oppure non recitarlo e fare uno spettacolo su due donne, due anziani. Mi interessava il travestito perché mi sembra il massimo di ambiguità cui si poteva arrivare, il massimo di violenza possibile cui far giungere la rappresentazione”.
Se si prescinde da “Mamme”, Ruccello con la trilogia nera esaurisce queste storie minimali della vita quotidiana di gente comune. Successivamente portò in scena “Ipata”, rivisitazione de “L’asino d’oro” di Apuleio, e “L’Ereditiera”. Nel primo intendeva riprodurre la crisi della società contemporanea attraverso il racconto della mitologia, nel secondo diede libero sfogo alla parodia, intesa nel senso più nobile del termine.
ALTRE OPERE
L’ultimo lavoro dello scomparso drammaturgo stabiese è stato “Anna Cappelli” monologo scritto per Benedetta Buccellato. Inoltre sono da segnalare le regie teatrali di “Passeggiata serale” e “Letteratura” di Schnitzler, “Scannasurece” di Moscato, “La Ciociara” di Moravia e “La Fiaccola sotto il moggio” di D’Annunzio.
FERDINANDO
E’ il testo che l’ha consacrato a livello nazionale e col quale nel 1985 si è aggiudicato il premio IDI per la drammaturgia, per la miglior messa in scena e il premio nazionale della critica.
L’intera azione del dramma si svolge all’interno di una villa vesuviana dove la baronessa borbonica, Clotilde Lucanegro, si è volontariamente esiliata insieme alla povera cugina Gesualdina, all’indomani dell’arrivo dei Piemontesi. Rinchiusa nel suo mondo, la baronessa vive da malata immaginaria, tiranneggiando la cugina e don Catellino, il curato che si reca quotidianamente a farle visita. Successivamente tutti rimarranno vittime dell’arrivo di “re” Ferdinando, la cui bellezza spezza la monotonia della casa e spinge i tre a una guerra intestina.
I CONTENUTI
Quasi tutti i lavori di Annibale Ruccello sono storie di ordinaria quotidianità contaminate, però, da emblemi della fantasia, da spezzoni di miti che vivono all’interno del quotidiano e che servono a dare l’idea di una vita diversa. “Ho una relazione viscerale col mio bagaglio culturale, nel senso che ho sempre mantenuto un rapporto intenso con ciò che leggevo, vedevo; per cui, infine, è confluito in quello che poteva essere il mio bagaglio umano, che mi ha spinto a scegliere certi argomenti piuttosto che altri. In particolare, quelli che realizzano l’analisi della violenza e della sopraffazione nei rapporti”, ci dichiarò l’autore stabiese.
LE OPERE TRADOTTE E LE TESI DI LAUREA
“Le cinque rose di Jennifer” e “Ferdinando” sono state tradotte in inglese, francese e tedesco. Isabella Quarantotto volle espressamente affidare a Simpson, lo stesso traduttore dei testi di suo marito Eduardo De Filippo, la traduzione di “Ferdinando”.
A trent’anni dalla scomparsa, il teatro di Annibale Ruccello è oggetto di studi attraverso numerose tesi di laurea.
ANNIBALE E IL CINEMA
Sia “Ferdinando” che “Le cinque rose di Jennifer” sono diventati film. Il primo, con Ida Di Benedetto nel ruolo della baronessa, si è avvalso della regia di Memè Perlini e il secondo, con Francesco Silvestri nel ruolo del travestito della suburra napoletana, di Tommaso Shermann.
Pierluigi Fiorenza