“Ci siamo divertiti a immaginare la migliore serie tv italiana, Gomorra, come fosse un disco metal: un mondo dark, urlato, bruto piu’ di Kill’Em All dei Metallica, pero’ suonato da bravi guaglioni – registi, attori e sceneggiatori – armati solo, come racconta nell’intervista Roberto Saviano, dell’ottimismo della ragione”: sono le parole con cui Giovanni Robertini, editor in chief di Rolling Stone Italia, descrive la nuova avventura raccontata dalla cover story del mensile, in edicola dal 28 aprile. Una copertina “evento”, che fotografa, in esclusiva e per la prima volta insieme, Roberto Saviano con Salvatore Esposito e Marco D’Amore, i due protagonisti di Gomorra, la miglior serie tv italiana di sempre, che riparte dal 10 maggio con la seconda stagione, in onda su Sky Atlantic. Saviano, intervistato dal magazine per l’occasione, esprime i suoi pensieri piu’ profondi”: “In Gomorra vince chi non si fida di nessuno, chi considera gli altri dei mezzi. Vince chi non ha paura di morire e sa che il potere si ottiene solo a rischio della propria morte. Chi cerca di proteggersi non fa strada, non ha speranza di affermarsi”. Parliamo di pieta’. Quando muore un camorrista, che reazione hai? “Quando li vedo nelle gabbie provo fastidio umano – risponde Saviano – Certo, i camorristi che mi hanno costretto a vivere cosi’ li odio. Odio alcuni avvocati. Odio alcuni giornalisti che ritengo complici. Odio determinati magistrati, civili e penali, altrettanto complici. Sono carico di odio. Ma di fronte alla morte, di fronte al corpo a terra del camorrista c’e’ qualcosa che mi dice che cosi’ non si risolve nulla. Ne’ tra me e lui, ne’ tra lui e il mondo. Quando poi a morire sono dei ragazzini di 17 anni, provo quasi un senso di vicinanza. Per le nuove generazioni, l’unico modo di fare la differenza e’ giocarsi la vita. Vale per il ragazzino di una paranza a Napoli e vale per il jihadista in Belgio”. A proposito di terrorismo jihadista, la reazione emotiva di molti europei e’ la paura. Paura a prendere l’aereo, la metropolitana. Paura di andare al cinema, a un concerto. Sono paure che hai anche tu? “No, io non la sento piu’ la paura – conclude Saviano – Non per coraggio, ma per abitudine. Come per l’artificiere, che sa che ogni volta che mette mano su un ordigno puo’ saltare in aria. Non c’e’ nessun training che ti rende immune alla paura, ma sola la fottuta abitudine. A forza di sentir dire che devo morire, che i clan mi odiano, mi sono abituato a sentir parlare della mia morte. La mia unica paura e’ se riusciro’ mai a riavere una vita normale, a farmi un giro in Vespa”.