Omicidio della piccola Simonetta Lamberti: la Cassazione conferma i 30 anni di carcere per Antonio Pignataro

Trenta anni di carcere. Ieri sera la Cassazione ha confermato la sentenza nei confronti di Antonio Pignataro unico imputato rimasto in vita nel processo per l’omicidio di Simonetta Lamberti, la bambina di 11 anni figlia del magistrato Alfonso, uccisa per errore dal gruppo dei cutoliani dell’agro nocerino il 29 maggio del 1982 a Cava de Tirreni. Dopo 34 anni anni quindi finisce l’incubo per la famiglia della piccola vittima innocente della barbarie camorristica. Obiettivo dell’agguato era  il padre di Simonetta, il magistrato Alfonso, rimasto solo ferito nell’agguato. Dopo anni di processi e sentenze annullate, a far riaprire il caso fu quattro anni fa la confessione di Pignataro, che prima a un compagno di cella e poi al sostituto procuratore antimafia Vincenzo Montemurro cominciò a svelare i dettagli di quel delitto, deciso perché le indagini di Lamberti iniziavano a dare fastidio ai clan dell’Agro nocerino legati alla Nco di Raffaele Cutolo. Gravemente ammalato (tant’è che è stato trasferito ai domiciliari) Pignataro ha raccontato di non farcela più a convivere con il rimorso di quella bambina ammazzata. Ha confessato di essere stato nella Fiat 127 che avrebbe fatto da staffetta sulla strada di Molina di Vietri, facendo rallentare l’auto del magistrato, e ha indicato in quattro persone, tutte però decedute, gli altri responsabili dell’attentato: il mandante Francesco Apicella e i sicari Gerardo Della Mura, Claudio Masturzo e Gaetano De Cesare. In virtù di questa confessione i difensori Luigi Gabola e Libero Mancusi avevano impugnato la condanna, chiedendo che al killer “pentito” fossero concesse le attenuanti generiche e che per questo la pena fosse rideterminata in modo da rendere possibile una dichiarazione di “estinzione del reato per intervenuta prescrizione”. Ma ieri la Cassazione ha messo la parola fine condannando a 30 anni Pignataro.


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