Castellammare, il pentito Cavaliere: “Enzo D’Alessandro mi disse ora c’è il figlio di D’Antuono, è un problema che va risolto”

Renato Cavaliere il killer pentito del clan D’Alessandro di Castellammare ha svelato mandanti ed esecutori materiali di molti omicidi avvenuti negli ultimi anni nella zona stabiese. Una prima parte delle sue dichiarazioni sono agli atti del processo in Corte di assise d’Appello che si sta celebrando a Napoli per l’omicidio del consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino, ucciso il pomeriggio del 3 febbraio 2009. In questo processo Cavaliere è imputato come esecutore materiale dell’omicidio insieme con Catello Romano unico dei componenti del commando che non si è e pentito. E proprio delle gesta di Catello Romano parla in alcune sue dichiarazioni non omissate. “…”Vincenzo D’Alessandro mi ha detto che voleva incontrare Catello Romano non appena fosse tornato a Castellammare. Quando Romano rientrò a Castellammare dopo l’omicidio di Carmine D’Antuono gli ho detto che lo dovevo portare dal capocaln e che così sarebbe entrato a far parte della famiglia. Durante l’incontro Vincenzo D’Alessandro lo ha abbracciato e gli ha detto che aveva fatto una cosa eclatante uccidendo Carmine D’Antuono, che certamente non era una cosa facile. Vincenzo D’Alessandro disse a Catello Romano che da quel giorno lui non era soltanto il compariello di Renato ma era anche nostro fratello, che era il termine con cui indicavamo gli affiliati al clan. abbiamo festeggiato la sua affiliazione brindando con dello champagne… Vincenzo D’Alessandro si era trasferito a Rende dove c’era Vincenzo Oscurato che era lo zio della moglie e che gestiva un circolo ricreativo. A Rende aveva affittato una casa che si trovava nella parte alta del paese. dopo l’omicidio di Nunzio Mascolo io ho raggiunto Vincenzo insieme con mia moglie e i miei figli e con la madre di Vincenzo D’Alessandro. Noi siamo stati ospitati in un agriturismo. Io e D’Alessandro Vincenzo abbiamo parlato da soli e lui mi ha detto che adesso c’era il figlio di D’Antuono Carmine che era un problema che doveva essere risolto, e che io ero un pregiudicato e che dovevamo trovare una persona che facesse da tramite tra me e lui…”.


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