Castellammare, il pentito Cavaliere: “Tommasino era il compare del boss, Belviso disse che doveva morire perché era un pezzo di m…”

C’è una dichiarazione completa e complessa rilasciata dal killer pentito Renato Cavaliere del clan D’Alessandro di Castellammare a proposito dell’omicidio Tommasino del quale  è stato l’autore materiale che da un lato getta una nuova grande ombra sul consigliere comunale del Pd assassinato il 3 febbraio del 2009 e dall’altro fa capire come la vita delle persone negli anni scorsi non contava quasi niente per gli affiliati al clan di Scanzano. Ha detto Renato Cavaliere al pm Claudio Siragusa della Dda di Napoli: “Quando Salvatore Belviso mi ha detto che dovevamo uccidere Luigi Tommasino io gli ho fatto presente che era il compare di Pasquale D’Alessandro (a dirmelo era stato il padre Francesco Belviso) e che era amico del padre e che si era interessato per trovare un posto di lavoro a mia sorella. Salvatore Belviso mi ha risposto che era un pezzo di m… e che doveva morire”. Ora questa dichiarazione dà una nuova spiegazione di quelli che erano i rapporti intessuti dal consigliere comunale stabiese. Il fatto che fosse il compare di Pasquale D’Alessandro uno dei figli del defunto padrino Michele D’Alessandro e che sia comunque stato ucciso perchè Belviso aveva detto che doveva morire e che il boss Enzo D’Alessandro aveva lasciato mano libera a Renato Cavaliere dicendogli che “potevo uccidere chiunque senza chiedere il suo permesso e bastava che dopo l’omicidio dessi a D’Alessandro una giustificazione della mia decisione e che lo dovevo avvisare soltanto se dovevano essere uccisi, perché malamenti, anche suoi familiari”, è un ulteriore tassello dell’intricato puzzle dell’esecuzione non ancora chiarito. Così come il movente non del tutto esplicitato dallo stesso Cavaliere. Cosa che invece il 22 giugno prossimo si dovrà cominciare a fare davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello per il processo bis a Carico di Renato Cavaliere e Catello Romano.


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