Napoli, la bufera elettorale sul Pd: le donne del clan Contini davano le indicazioni di voto al giovani

Napoli. Scambio di voto, o meglio voti in cambio di un ‘posto’ da 500 euro al mese nel progetto ‘Garanzia giovani’: sono state le donne del clan Bosti-Contini a invogliare i propri giovani ad appoggiare questo o quel candidato. E’ emerso dalle intercettazioni della Dda, nell’ambito di un’inchiesta sulle cosche del Rione Sanità e Arenaccia, a far scattare le perquisizioni nei confronti di Anna Ulleto e Rosaria Giugliano, le due candidate Pd al Consiglio comunale e alla Municipalità. Almeno cinque gli indagati, infatti oltre alle due donne, i carabinieri avrebbe perquisito le abitazioni e gli uffici di altre tre persone, tra le quali un galoppino dei candidati che avrebbe indirizzato i giovani verso coloro che avrebbero potuto garantire l’ingresso nel progetto. Una trentina di aspiranti corsisti potrebbero essere presto ascoltati dagli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta ‘terremoto’ che ha travolto il Pd all’indomani delle elezioni amministrative.

L’inchiesta su politica e scambio di voti nasce da alcune intercettazioni telefoniche e ambientali emerse nell’ambito delle indagini sul clan Bosti-Contini. Le donne del gruppo criminale invogliano le proprie interlocutrici a votare questo o quel candidato perché potranno avere qualcosa in cambio: un posto di lavoro per i figli. Una vicenda estrapolata dal contesto criminale vero e proprio e dalla guerra in atto nei quartieri di Napoli ma che ha acceso i riflettori su voti captati in cambio di favori. Tra le persone coinvolte c’è anche un ‘galoppino’ che avrebbe fatto da tramite tra i politici di riferimento e le famiglie o i giovani bisognosi di lavorare. Nell’inchiesta oltre alle intercettazioni, l’input dal quale sono partite le indagini, ci sono anche testimonianze raccolte in questi mesi di campagna elettorale e i nomi acquisiti nelle sezioni elettorali dove si appoggiavano, in particolare, le due esponenti del Pd finite nell’inchiesta. L’obiettivo di carabinieri e procura è verificare verificare se c’è corrispondenza tra le promesse di posti di formazione, i nomi indicati nell’elenco e quelli che emergono da intercettazioni e attività di indagine. Ma bisognerà anche accertare se le promesse elettorali potevano arrivare alla Regione Campania dove vengono selezionati i candidati e se e come veniva poi pilotato l’ingresso nel progetto.

Oltre al progetto ‘Garanzia giovani’ vi un altro filone di indagine, anch’esso nato dalla ‘camorra’ e in particolare dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Riguarda le cooperative di ex detenuti e i finanziamenti per i corsi di formazione e di inserimento sociale. Fondi bloccati dall’ex presidente della Regione Stefano Caldoro. Alla luce di quanto sta accadendo quelle dichiarazioni potrebbero essere riprese e approfondite.

Le cooperative avrebbero beneficiato, nei primi anni 2000, di milioni di euro. A riferirlo tra gli altri Giuseppe Misso ‘o nasone, ex capo del Rione Sanità, oggi collaboratore di giustizia. Secondo il pentito ogni cosca aveva come punto di riferimento una lista di detenuti alla quale andavano almeno dieci milioni di euro l’anno. Oltre a Giuseppe Misso “’o nasone” ci sono le dichiarazioni del nipote Giuseppe Misso “’o chiatto” ma anche quelle dei Giuliano di Forcella, Luigi e Salvatore i quali hanno raccontato ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia napoletana, cosa si nascondeva dietro la miriade di liste che negli anni Duemila hanno invaso Napoli e provincia. Agli atti dell’inchiesta del pool della Procura di Napoli vi sono anche le rivelazioni di Nunzio Saltalamacchia, Maurizio Ferraiuolo e dei fratelli Sarno, che negli anni, federati alla camorra della Sanità sono riusciti a dividersi una parte dei proventi destinati alle cooperative sociali composte da ex detenuti e convenzionate con la Provincia di Napoli che riceveva soldi dalla Regione Campania, che a sua volta li riceveva dal Ministero.


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