E’ arrivato super scortato nell’aula del Tribunale di Torre Annunziata come un vero pentito. “Non so niente di quell’assegno, ho avuto un’amicizia affettuosa con l’avvocatessa, il resto non lo so”: queste le poche parole pronunciate da Romolo Ridosso, il presunto capo dell’omonimo clan di Scafati, imputato – dinanzi al giudice monocratico Anastasio – di falso e appropriazione indebita in concorso. Con Gianfranco Improta, dipendente dell’ufficio postale di Gragnano. Entrambi sono stati assolti dalle accuse nonostante il pm avesse chiesto un anno di reclusione e i loro presunti complici hanno patteggiato la pena. Ridosso e Improta, difesi dagli avvocati Antonio Raiola e Salvatore Vitiello, erano finiti a processo per una vicenda risalente a sei anni fa. Nel 2010, infatti, le sorelle Lignola destinatarie di un risarcimento danni per omicidio colposo di una loro congiunta si accorgono che uno degli assegni circolari che era stato inviato loro dalla compagnia assicuratrice era stato incassato a loro insaputa. Il titolo di 45mila euro era stato versato su un libretto postale, nominativo, e la somma era man mano sparita. Un’operazione postale fatta con documenti originali e firme false. La pratica di risarcimento era stata seguita dall’avvocatessa Antonella Mosca, all’epoca compagna di vita di Romolo Ridosso, e oggi testimone di giustizia proprio per le sue dichiarazioni contro l’ex, accusato – tra l’altro – di stalking proprio ai danni della donna. La ricostruzione degli inquirenti è chiara. Romolo Ridosso chiede ad un suo conoscente di Castellammare, Nicola Missione dipendente delle Poste ora in pensione, di aprirgli un libretto postale. Missione a sua volta si rivolge a Gianfranco Improta, suo collega che effettivamente apre il libretto postale e versa l’assegno della compagnia assicurativa. Poi i soldi spariscono e nessuno dei coinvolti sa che fine hanno fatto, tant’è che le vittime si costituiscono parte civile nel processo che si è concluso nei giorni scorsi. Dopo il patteggiamento dell’avvocatessa, un anno e dieci mesi di reclusione e quello di Missione con pena quasi analoga, si apre il processo per Romolo Ridosso e Gianfranco Improta. Il primo sarebbe stato il tramite tra la professionista Antonella Mosca e il dipendente delle poste che poi ha effettivamente fatto l’operazione. L’avvocato Salvatore Vitiello, difensore di Improta, ha sostenuto che il dipendente delle poste pubblico ufficiale è stato indotto in errore, non sapendo nulla delle finalità truffaldine dell’operazione e della falsità delle firme apposte sui documenti presentati allo sportello. Si è opposto alla testimonianza e alla dichiarazioni di Improta, invece, l’avvocato Raiola per conto di Ridosso. A conclusione il giudice monocratico Anastasio ha assolto entrambi gli imputati, riservandosi di depositare la motivazione. E così quella vicenda che legava – processualmente – Romoletto, presunto boss, e Antonella Mosca, avvocatessa inserita nel servizio protezione testimoni di giustizia dalla Dda di Salerno dopo la rottura del rapporto sentimentale con il boss, si è conclusa con un’assoluzione. (r.f.)