Poggioreale, ecco cos’è realmente la “cella zero”, agenti penitenziari sotto accusa. La difesa del sindacato degli agenti

“Vi spiego cos’è la cella zero”. Il presidente nazionale Uilpa Eugenio Sarno interviene sul caso che ruota attorno ai presunti pestaggi, finiti al centro di una recente indagine della Procura di Napoli e che, secondo le accuse, sarebbero stati commessi da alcuni agenti della polizia penitenziaria nella cella al piano terra del padiglione Napoli. “È una cella riservata a quei detenuti che si teme possano tentare il suicidio o compiere gesti di autolesionismo. È quindi una cella normale, nella quale però i letti sono avvitati al pavimento e gli igienici sono installati in modo da non poter essere divelti e utilizzati come strumento per fare del male a sé stessi o ad altri. È una cella – spiega provando a sfatare il mito – dove i detenuti non possono avere indumenti o oggetti che possano utilizzare per gesti inconsulti, dove le lenzuola sono di carta e non di stoffa.Quella è una cella a tutela della incolumità di detenuti. Celle così non ci sono in tutte le carceri e sarebbe invece utile che ci siano. Le inchieste che finora hanno riguardato colleghi per presunte violenze si sono risolte poi in nulla di fatto. Spesso la questione della sicurezza in carcere viene affrontata con un certo strabismo, pensando alla tutela dei detenuti e non anche a quella di chi ogni giorno lavora nelle strutture penitenziarie per garantire ordine e assistenza. Non si può non tener conto dei numeri che fotografano la realtà: ogni giorno, in media, nelle carceri italiane, tre agenti sono vittime di aggressioni da parte dei detenuti. Dall’inizio dell’anno a oggi 360 agenti sono rimasti feriti. Per non parlare dei suicidi: 130 colleghi si sono tolti la vita. Certo il motivo non è sempre direttamente collegato al lavoro ma sono convinto che lavorare quotidianamente a contatto con i detenuti in un luogo, come il carcere, che è luogo di sofferenza, di dolore e anche di violenza, sia logorante e finisca con l’indebolire le persone. Negli anni Ottanta sono stato tra quelli che andavano a togliere ai camorristi detenuti armi e pistole  era il tempo della guerra tra cutoliani e anticutoliani e nelle celle non si entrava certo chiedendo permesso. Ora,la situazione nelle carceri è diversa. Anche il metodo di lavoro è molto cambiato. Il sovraffollamento resta un problema, la media si aggira sui 107 per cento, qualche anno fa era del 180”.


Articolo precedenteOmicidio della piccola Maria nel Beneventano, ancora attesa per i risultati del Ris
Articolo successivoNapoli, arrestati baby rapinatori della villa comunale