Il ritorno in libertà di Ciro Stabile, esponente apicale del famigerato clan dei “Capelloni” di Chiaiano fondato negli anni Novanta dal fratello maggiore Gaetano, “proconsole” (così si diceva all’epoca) di Bardellino su Napoli ha scompaginato in maniera defintiva gli equilibri già molto precari nei clan tra Arzano, Casavatore, Chiaiano, Marianella, Pisciniola, la don Guanella, Miano e San Pietro a Patierno. Gaetano Stabile divenne famoso negli anni Novanta per l’uso di strumenti di tortura per costringere all’ obbedienza i guaglioni della camorra ma anche i nemici. Garrotte spagnole, micidiali pinze legate a lacci di ferro per torcerle intorno ai polsi e alle braccia dei gregari negligenti, o di quelli furbi. In alcune circostanze la polizia scoprì più volte le stanze delle torture del clan dei “capelloni”.
I tre morti delle ultime due settimane sono il frutto di uno scontro violentissimo in atto tra i reduci dei Lo Russo rimasti senza una capo, visto che dopo l’omicidio di Giuseppe Guazzo, avvenuto proprio a Chiaiano, anche l’ultimo latitante dei “capitoni” di Miano, ovvero Enzo Lo Russo ‘ o signore si è consegnato e il gruppo degli “scissionisti” di Chiaiano. L’attenzione degli investigatori è puntata tutta sul rinato clan dei “capelloni” e ora con la libertà acquisita da parte di Gaetano Tipladi, nanà ‘o cecato vecchio boss dei Lo Russo la situazione potrebbe nuovamente mutare. Un fatto è certo. dopo il duplice omicidio di Ci “capitoni” avrebbero mostrato di nuovo i muscoli per far capire ai nemici che Miano non si tocca. La faida tra le due famiglie malavitose dell’area a Nord di Napoli è storica ed è bagnata da fiumi di sangue. Ad uccidere Ciro Stabile ‘o capellone ci aveva provato anche il boss Carlo Lo Russo prima del suo arresto e il conseguente pentimento. In una delle intercettazioni ambientali nella sua abitazione di via Janfolla i carabinieri del Vomero che avevano piazzata abilmente la cimice asdoltarono questa conservazione:
“questo dopo 18 anni è uscito anche lui…hai visto? Ciro Stabile…Adesso per prenderlo questo…si nasconde… questo, non si fa acchiappare”. Il boss parla con la moglie e spiega di aver coinvolto anche i Licciardi della Masseria Cardone attarverso tale Renato Esposito uomo di fiducia del clan di Secondigliano: “…sono andato a cercarlo per mezzo di questo…”. Esposito avrebbe garantito ai Lo Russo tutto l’impegno del clan attraverso Maria ‘a scigna “… per fargli un regalo…Stamattina ho mandato a Giulio da quelli della Masseria Cardone, da questo Renato che ora è uscito….Carlucciello ti manda un bacio con una imbasciata: è uscito questo di Marianella… è un nemico suo giurato…chiunque lo appoggia e un nemico suo personale. e quello ha detto: diccelo a Carlucciello se noi lo pigliamo prima noi, glielo facciamo noi il favore a lui…noi non lo possiamo appoggiare. Il compagno nostro è lui”. Poi Anna Serino, la moglie di Carlo Lo Russo, dopo aver ascoltato il racconto del marito con voce ferma e decisa replica: “Lo devi uccidere!”.
(nella foto le ultime due vittime della faida, Domenico Sabatino e Salvatore Corrado)