“Si erano chiusi nella scuola, avevo paura che potesse fare del male a mia sorella e non ho capito più nulla”, il racconto choc dell’aggressore di Posillipo

“Quando ho saputo che mia sorella, poco più che 14enne, era appartata con un ragazzo più grande di lei, ho immagi­nato di tutto in quel momento, si sentono tante cose in giro, per questo ho perso la testa. Chiedo perdono, sono pronto a tutto. Voglio pagare per quello che ho fatto, anche material­mente: le spese mediche, le cu­re, la riabilitazione. Lavorerò per questo”. Antonio Del Vecchio ha raccontato tra le lacrime davanti al gip Miranda quello che è accaduto quel maledetto sabato sera della scorsa settimana nella zona del Casale di Posillipo. Quando colto da un improvviso raptus ha massacrato di botte riducendolo in fin di vita il fidanzatino 16enne della sorella. Il ragazzo ora è ancora ricoverato in condizioni serie all’ospedale Fatebenefratelli dove gli hanno asportato la milza. Antonio invece è in cacere è accusato di tentato omicidio. Dopo l’interrogatorio di garanzia il gip, su richiesta del pm Sergio Amato, ha deciso che deve restare in cella. I suoi legali, Leopoldo Pero­ne e Antonio Rizzo, proveranno ad ottenere in sede di Riesame, che il reato sia rubricato in le­sioni gravi. Antonio, come riporta il Corriere del Mezzogiorno, ha ribadito al gip: “Non volevo ucci­derlo, solo dargli una lezione. Ero a casa e mi sono reso conto che mia sorella non era ancora rientrata. Erano le 23 e lei doveva stare a casa già da mezz’ora. Abito al Ca­sale e so che lei frequenta la zo­na di Posillipo, così sono sceso di casa con il motorino sperando di incrociarla, ma non c’era. Né al Serpentone, né al Virgi­liano. Ho chiesto in giro ad alcuni amici e mi hanno detto di averla vista con due ragazzi ver­so la scuola Domenico Cimarosa”. La sorella era in compa­gnia del fidanzatino e di una coppia di amici, loro coetanei. Qualcuno ha detto ad Antonio che erano entrati in una casa di peterinenza della scuola dove abita un parente di quei ragazzi che fa il custode della scuola.  “Sono corso lì con il mo­torino ed ho bussato alla porta. Quando ho detto di essere An­tonio, qualcuno da dentro ha spento la luce e allora mi si è annebbiata la vista. Ho pensato che stessero facendo del male a mia sorella, quindi ho bussato con più vigore ed ho cercato a calci di aprire quella porta che alla fine si è spalancata. Ho sferrato un pugno in volto a chi mi ha aperto, senza guardarlo neanche in faccia, poi sono corso da mia sorella che era se­duta su un divano, l’ho trasci­nata fuori. Ho chiesto spiega­zioni ed ho intimato al ragazzo che era con lei di non farsi più vedere a Posillipo, di non chiamare mai più mia sorella. Per me ­poteva finire tutto lì ma quel ra­gazzo, che io non sapevo essere il fidanzato di mia sorella, mi ha risposto provocandomi ed io ho reagito. Gli ho dato dei pugni in faccia e poi due calci molto violenti allo stomaco. Ri­cordo di averlo fatto. Ho preso per il braccio mia sorella, sia­mo saliti in scooter e siamo tor­nati a casa”. Ora Antonio piange e si dispera, ma il suo raptus di follia poteva costare la vita a un innocente 16enne colpevole solo di qualche gesto di amore nei confronti della sorella.


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