Castellammare di Stabia. “Mia madre era costretta a portare le ‘rate’ dal macellaio di fiducia della signora Afeltra. Lei la minacciava se non pagava”. Nuovi testimoni a processo, ma anche una prova a sorpresa, prodotta dalla difesa ai giudici, che potrebbe cambiare il destino e l’esito inizialmente forse già scritto di un processo per usura. Alla sbarra, in tribunale a Torre Annunziata, ci è finita Carolina Afeltra, presunta usuraia di Castellammare di Stabia.
La donna, per l’accusa rappresentata dal pm Sergio Raimondi, avrebbe imposto ad un’altra donna tassi imponenti, chiedendo la restituzione di circa 15mila euro, a fronte di un prestito iniziale di meno di 10mila. Ieri, dinanzi al collegio di giudici della prima sezione penale, il pm ha ascoltato il figlio e la nuora della presunta vittima di usura. Entrambi, da anni residenti al Nord, sono venuti a conoscenza dei fatti soltanto telefonicamente. La vittima – secondo quanto emerso all’esito dell’inchiesta – avrebbe consegnato ogni mese buste con i soldi (700 euro) anche ad un salumiere. Un altro negoziante di ‘fiducia’ dove poi, Carolina Afeltra, la presunta usuraia stabiese, sarebbe andata a ritirare la “rata” imposta. L’avvocato Alfonso Piscino, legale di fiducia dell’imputata, ha però fornito ieri in aula una prova a sorpresa.
E’ la registrazione di una telefonata, intervenuta proprio tra la signora Afeltra ed il testimone. “Se mi dai 10mila euro, faccio ritirare la denuncia”, una delle frasi pronunciate dal teste. Testimone, figlio della presunta vittima di usura, che ha confermato tutto. Sarebbe però stata una mera forzatura, per provare a recuperare “una parte di quei soldi ormai andati in fumo”.
Monica Barba