Somma Vesuviana. Si sono incastrati da soli, con le intercettazioni telefoniche e ambientali. I contrasti sorti all’interno del gruppo criminale riconducibile al clan Cuccaro hanno permesso agli inquirenti di fermare, oltre che la faida interna – capeggiata da una parte da Eugenio D’Atri e dall’altra da Francesco Pellegrino – anche un giro di estorsioni e di spaccio di stupefacenti tra Somma Vesuviana, Sant’Anastasia e Marigliano. Le indagini dei carabinieri di Somma Vesuviana sono partite dall’arresto di Ciro Noto, amico di D’Atri, Nicola Zucaro e Pierpaolo Di Matteo e si sono estese a Francesco Pellegrino quando sono iniziati i primi contrasti tra questi e D’Atri.
E’ nelle conversazioni nella vettura di Domenico Giordano che si ascoltano le prime strategie criminali e la volontà di Pellegrino di costituire un gruppo criminale che prenda il sopravvento nella zona. Ma dalle intercettazioni i carabinieri ascoltano – in diretta – gli attentati che Pellegrino e D’Atri si scambiano dopo una serie di screzi sorti tra i due. I due litigano a telefono: “io ti ho trattato come un fratello, hai fatto una schifenzia troppo esagerata, però ti voglio dire una cosa io non sono angioletto paperino, a me mi devi uccidere, cumpà” dice Pellegrino a D’Atri. Poche ore dopo quella conversazione, il 21 luglio 2015, alcuni giovani creano scompiglio nei pressi dell’abitazione di D’Atri e alle 23,10 di quella sera qualcuno spara in via San Sossio nei pressi della casa del pregiudicato. Fu Pellegrino, secondo quanto scopriranno dopo i carabinieri. Pochi giorni dopo la risposta. Alle due del giorno successivo vengono esplosi alcuni colpi di arma da fuoco nella casa di Luigi Corcione che altri non è che il suocero di pellegrino. I colpi si conficcano nella parete della cucina e del salone: cinque colpi. Ma sul selciato restano almeno 15 bossoli. E’ guerra fra i due ex sodali.
Il gruppo di Pellegrino era intenzionato a prendere il sopravvento e a sostenersi mettendo sotto torchio commercianti e imprenditori. Sempre grazie alla cimice nella vettura di Domenico Giordano i carabinieri registrano l’estorsione ai danni di un imprenditore edile, originario di San Cipriano di Aversa, impegnato nella realizzazione di un parcheggio pubblico per il Comune di Sant’Anastasia. Giordano e Giuseppe Colurciello convocano il dipendente della ditta che dovrà portare l’imbasciata al ‘masto’. “O mast ha detto che potete riferire a me” dice l’uomo convocato nell’auto di Giordano. E questi di rimando: “Non facciamo il 3%, 2%, un bel regalo”. Ad un accenno di resistenza della vittima è categorico Giordano: “Sì, un bel regalo, punto e basta, zio. Quando dobbiamo venire?”
I due estorsori conoscono bene il valore del lavoro che l’impresa sta eseguendo ma si accontentano anche di pochi soldi “Pochi maledetti e subito” dicono tra loro. Nei giorni seguenti quell’incontro gli estorsori contattano il dipendente sul cantiere e ne notano la reticenza e il tentativo di prendere tempo. E allora Giordano si arrabbia: “Zio domani o venite con quell’imbasciata o non venite proprio, perché state da due mesi qua e vi dico la verità, i miei compagni già si stanno lamentando”. La tangente venne pagata qualche giorno dopo e la consegna viene fotografata dai carabinieri di Somma Vesuviana. Nei giorni successivi, il dipendente della ditta viene interrogato e non può fare che ammettere: ha consegnato 500 euro per i lavori che l’impresa stava eseguendo in via Corelli. Un lavoro commissionato dal Comune di Sant’Anastasia per la realizzazione di un parcheggio da 15 posti auto.
Rosaria Federico