Camorra, ecco come i pentiti hanno svelato i due delitti “Cold Case” della Tintore e di Spenuso

 E’ stato l’ex boss pentito di Casandrino e Sant’Antimo, Vincenzo Marrazzo a svelare agli investigatori altri due “Cold case” della guerra di camorra che lo vide contrapposto ai clan Verde e Ranucci. Il primo è quello di Diana Tintore, una delle prime donne uccise dalla camorra il 19 ottobre del 1996 a Casandrino, e sull’omicidio di Gabriele Spenuso, ras della droga e delle estorsioni, capozona a Grumo Nevano per conto del clan Verde di Sant’Antimo, ucciso la sera del 30 giugno del 2006, a bordo della sua auto nei pressi di Villa Literno, mentre tornava in carcere a Santa Maria Capua Vetere perché era in regime di semilibertà. Per questi due omicidi sono stati arrestati Antonio Attanasio, 51 anni, che all’epoca era ritenuto un elemento di spicco del clan Verde, che secondo il racconto del boss pentito Vincenzo Marrazzo era alla guida dell’auto che lo accompagnò ad uccidere la donna. Diana Tintore, faceva la fruttivendola ma era legata a doppio filo al clan Ranucci. Dal suo negozio di frutta e verdura che si trovava proprio di fronte all’abitazione di Vincenzo Marrazzo ne controllava gli spostamenti. Marazzo temeva di cadere in una trappola mortale,  grazie alle indicazioni di Diana Tintore. Per questo fu uccisa senza pietà. La donna fu ammazzata la sera del 19 ottobre 1996 a Casandrino mentre camminava nella centralissima via Roma. Il commando di killer era composto dal capoclan Vincenzo Marrazzo, suo fratello Antonio (entrambi collaboratori di giustizia), Sossio Giordano (poi deceduto) e Antonio Attanasio. A bordo di un’auto affiancarono Diana Tintore, all’epoca ritenuta dagli inquirenti elemento di primissimo piano del clan Ranucci che era alleato con la cosca Morelli di Casandrino, e la riempirono di piombo. La donna morì sul colpo, raggiunta da otto proiettili calibro nove. I quattro lasciarono l’auto in uno spiazzo di campagna e appiccarono le fiamme. L’incendio della vettura fu spento quasi sul nascere dai vigili del fuoco, e i carabinieri recuperarono intatta l’arma del delitto. Il giorno dopo però, quattro persone armate e mascherate fecero irruzione nel deposito giudiziario dove era stata portata la macchina dei killer, la inzupparono con oltre venti litri di benzina e le diedero fuoco per far sparire tutte le tracce.

Mentre per l’esecuzione di Gabriele Spenuso le manette sono scattate per Domenico Gervasio, 68 anni, di Grumo Nevano, detto “Mimì e Carditello”, un passato di militanza armata nelle file della cosca di Vincenzo Aversano, detto “Zig-zag»” , e che fino alla decisione di collaborare con la giustizia controllava le attività illecite a Grumo Nevano. L’omicidio di Gabriele Spenuso fu deciso dal clan Aversano, perché la vittima uomo di fiducia dei Verde, approfittando della detenzione dei Vincenzo Aversano, aveva preso sotto il suo controllo tutta Grumo Nevano. Era il 16 febbraio 2006 a cadere sotto il piombo del clan nemico a Villa Literno fu invece Gabriele Spenuso, 52 anni, di Grumo Nevano, pluripregiudicato da tempo domiciliato a Castel Volturno.
A trovare il suo cadavere all’interno di una vecchia Y10 furono i carabinieri della compagnia di Casal di Principe. Si trattò di un delitto particolarmente efferato. In base a quanto ricostruito dalle forze dell’ordine, infatti, del corpo del 52enne del clan Verde non sarebbe dovuta restare traccia. I killer a bordo di una macchina affiancarono la Y10 di Spenuso esplodendo vari colpi d’arma da fuoco. Colpito, il 52enne perse il controllo della macchina finendo contro un guard rail. Dopo l’omicidio l’auto della vittima doveva essere data alle fiamme e poi addirittura fatta esplodere grazie a una bomba a mano incendiaria, al tritolo e al fosforo, di provenienza dell’Europa dell’Est. I killer la lanciarono nell’abitacolo, ma il detonatore s’inceppò, non riuscendo così ad attivare l’ordigno che rimase inesploso. Quando fu ucciso, Spenuso era detenuto in regime di semilibertà: stava scontando una lunga pena detentiva per un omicidio commesso anni prima, quando era ancora a Grumo Nevano.

(nella foto antonio attanasio e domenico gervasio)

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