Non solo l’area Pip di Marano, ma anche l’Ipercoop di Quarto, la Texas Instruments di Aversa, il pip di Lusciano e altre opere realizzate negli anni scorsi tra le province di Napoli e Caserta hanno visto come protagonisti il pericoloso connubio tra i fratelli Cesaro e il clan Polverino. Tra i sette pentiti di camorra che hanno consentito agli investigatori di svelare il sistema e far arrestare tra gli altri i fratelli Raffaele e Antimo Cesaro, c’è anche Tammaro Diana, ex affiliato ai Casalesi. Nelle 421 pagine dell’ordinanza del gip Francesca Ferri ci sono le sue dichiarazioni:
“Mi sono ricordato che fino a che sono stato codetenuto con Gaetano Montalto, appartenente al clan POLVERINO Giuseppe detto ‘o barone” ovvero nell’anno
2011, questi mi ha raccontato di varie cose, anche con riferimento all’appalto della “Ipercoop di Quarto. Sempre MONTALTO mi ha raccontato che i tre fratelli Cesaro, Raffaele Cesaro, Antimo Cesaro, uno dei quali fa l’architetto, e Luigi Cesaro, ovvero il Presidente della Provincia di Napoli in carica, strinsero un accordo con i POLVERINO che prevedeva la realizzazione dell’area PIP in Marano di Napoli commissionata ai CESARO. L’accordo consisteva nella disponibilità da parte dei CESARO a far realizzare i lavori da parte di ditte vicine al clan POLVERINO ed ai MALLARDO di Giugliano. In particolare, mi riferisco alla fornitura di calcestruzzo da parte della ditta
“CAFA 90” e parte della fornitura ad una ditta che dovrebbe chiamarsi “Beton CEM” riconducibile al clan MALLARDO di Giugliano, con sede a Giugliano nei pressi della distilleria, e che mi sembra sia stata messa in liquidazione, per impedire che fosse sequestrata dall’A.G. La ditta “CAFA 90’” era di proprietà dell’architetto MONTALTO Gaetano, il quale è di fatto un prestanome di POLVERINO Giuseppe, come riferitomi dallo stesso MONTALTO. Era proprio il MONTALTO che si recava negli uffici del Presidente della Provincia LUIGI CESARO in S. Antimo, nei pressi del centro sportivo “Olimpus”, ove riscuoteva i soldi per la fornitura e la somma da corrispondere al clan.
MONTALTO maggiorava le fatture per poter riscuotere la somma di denaro destinata al clan, così mascherando le tangenti che i CESARO pagavano ai POLVERINO. Dentro al Centro Sportivo, sito nei pressi della stazione ferroviaria di S. Antimo, vi è un albergo denominato “Olimpus”, dove si recano le squadre di calcio quando giocano a Napoli.”
“Mi è stato riferito ciò dallo stesso MONTALTO. L’accordo comportava che in cambio del pagamento di somme di denaro e l’aggiudicazione della fornitura di calcestruzzo a ditte dei POLVERINO, i CESARO, secondo quanto riferitomi sempre da MONTALTO, avrebbero ottenuto la aggiudicazione degli appalti dell’area PIP, grazie all’intervento del clan POLVERINO sulle Istituzioni locali quale le Amministrazioni comunali, la Provincia e la Regione. Infatti secondo quanto mi raccontava lo stesso MONTALTO, i comuni di Quarto, Marano e dell’area flegrea, nonché il Vomero Alto di Napoli, erano direttamente controllate dai POLVERINO. Mi raccontava sempre MONTALTO, che LUIGI CESARO si era sempre reso disponibile con i POLVERINO per risolvere i loro problemi con la Provincia di Napoli e con la Regione, e che CESARO LUIGI aveva rapporti con il clan sin dai tempi di CUTOLO, e faceva affari con vari clan della camorra della provincia di Napoli e paesi limitrofi. …omissis…
“In merito ai FRATELLI CESARO voglio precisare che uno si chiama Raffaele ed è avvocato, mentre l’altro si chiama Antimo ed è architetto. L’altro fratello è LUIGI CESARO, che è Presidente della Provincia di Napoli in carica… come le ho detto in un periodo di codetenzione con MONTALTO Gaetano al carcere di Benevento: capì chiaramente dalle parole del MONTALTO che nella realizzazione del PIP di Marano vi era stato un accordo tra i CESARO ed il clan POLVERINO e riconobbi in queste parole lo stesso schema che il gruppo camorristico a cui ero stato affiliato imponeva nei grossi affari tra i quali il PIP di Lusciano costruito con gli stessi CESARO. Preciso meglio un concetto già espresso allorquando ho parlato delle somme di denaro maggiorate che MONTALTO si recava a prendere dai CESARO in relazione alla fornitura di calcestruzzo ovvero che tali somme venivano versate proprio in relazione all’investimento occulto che il clan POLVERINO aveva realizzato con i CESARO per il PIP di Marano. Quindi era un modo per fare entrare nelle casse del clan il guadagno dell’investimento, ovvero l’utile da corrispondere a Peppe o barone evidentemente quale quota dell’accordo fatto a monte. Ovviamente in tale accordo vi era l’utilizzo di ditte riconducibili al clan quale era la CAFA 90. Del resto alcuni insediamenti urbanistici di grosso livello non possono essere realizzati sul territorio senza l’accordo con il clan. Del resto lo stesso MONTALTO mi confidò che per il PIP di Marano come per l’ipercoop di Quarto, di cui vi dirò, avevano avuto appoggi nell’amministrazione comunale locale ciò perché i POLVERINO come del resto tutti i clan camorristici appoggiano politici comunali, in sede elettorale, proprio per garantirsi appoggi ed esiti nella realizzazione dei loro illeciti affari.
…omissis… mi riservo di riferire ulteriori dettagli sulla vicenda del PIP di Marano di cui ho parlato in altri interrogatori. MONTALTO m diceva che quando andava dai
CESARO a prendere i soldi non parlava con Luigi ma con un altro fratello….mi riservo di fornire ulteriori dettagli anche sull’altra calcestruzzi che ho indicato in “beton cem” ma di cui non sono sicuro del nome ma sicuramente era di Giugliano e controllata dal clan MALLARDO. …omissis.
Scrive il gip a proposito delle dichiarazioni del pentito dei Casalesi: “Le dichiarazioni de relato di Diana Tammaro appaiono di particolare rilevanza per l’autorevolezza del dichiarante, ben inserito nei ben collaudati ‘sistemi’ elaborati dai casalesi per concludere gli accordi con gli imprenditori e diventare ‘soci’ occulti di costoro. Ma anche, con riferimento alla specifica vicenda narrata, per l’autorevolezza della fonte di conoscenza del Diana, il Montanto Gaetano, l’amministratore della società DIPENDENTI CAFA90 srl poi sequestrata. Le dichiarazioni di Diana Tammaro offrono – in quanto riscontrate – un ulteriore tassello alla ricostruzione accusatoria che vede i Cesaro parte di un ‘sistema’ analogo a quello di cui parla lo stesso collaboratore realizzato da intraprendenti camorristi in altre aree territoriali”.
Antonio Esposito
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