Un insieme di “schiavitù volontarie”, che ci porteranno a un futuro “distopico e dispotico” se non corriamo ai ripari. Questo è diventato Internet, con poche multinazionali che possono spingerci – anche in modo mirato e singolo – nella direzione che preferiscono. E’ l’allarme lanciato dal Garante per la privacy Antonello Soro, presentando stamane la relazione annuale 2016. E lo Stato, se da un lato deve legiferare rapidamente su questi temi, dall’altro – ha ammonito – deve evitare che le aziende pubbliche finiscano per copiare le cattive abitudini dei big della rete. La Rai, per esempio, ha detto, non deve far pagare il canone in bolletta sulla base di dati presunti, ricavati dai profili degli utenti, ma esclusivamente in base alle informazioni reali. Di più. Deve cambiare l’intelligence. Perché di fronte al terrorismo, un approccio fatto di big data, di archivi massivi, compromette la libertà dei cittadini senza offrire reali risultati: più efficaci sarebbero strumenti “selettivi, da applicare a obiettivi mirati e in base a presupposti stringenti”.Internet, ha sottolineato Soro, è fatto sempre di più di “soverchianti schiavitù volontarie cui rischiamo di rassegnarci, in cambio di utilità e servizi digitali che paghiamo al prezzo di porzioni piccole o grandi della nostra libertà”. E “in un’epoca che di fronte alla tecnica sembra smarrire ogni senso del limite”, il diritto alla privacy non è solo un aspetto residuale della nostra vita quotidiana, ma “rappresenta la bussola per riportare la persona al centro di uno sviluppo tecnologico altrimenti distopico e dispotico”.”Un numero esiguo di aziende – ha sottolineato – possiede un patrimonio di conoscenza gigantesco e dispone di tutti i mezzi per indirizzare la propria influenza verso ciascuno di noi, con la conseguenza che, un numero sempre più grande di persone, tendenzialmente l’umanità intera, potrà subire condizionamenti decisivi”. E lo Stato non deve copiare le cattive abitudini: “Ci siamo adoperati per garantire – ha annunciato – rispetto alla dichiarazione dei redditi precompilata, maggiore sicurezza nell’accesso degli intermediari e nella trasmissione delle informazioni all’Agenzia delle Entrate, assicurando la non eccedenza dei dati raccolti e definendo i tempi di conservazione”. Mentre “è in corso – ha annunciato – la verifica dell’attuazione dello Spid, per valutare l’idoneità delle procedure di attribuzione dell’identità digitale e dei livelli di sicurezza per l’accesso ai servizi offerti on line”. Quanto “alla riscossione del canone Rai, abbiamo richiesto – ha fatto sapere – l’utilizzo di dati esatti, e non solamente presuntivi, per identificare i soggetti ai quali può essere addebitato in bolletta e individuato modalità semplici per informare gli utenti”. Interventi necessari, ma che rappresentano una goccia in un mare di problemi sempre più vasto. “Se sul web – ha spiegato – la libertà si esprime in ogni sua potenzialità anche la violenza, specularmente, non conosce limiti. Dalla violenza verbale da parte di chi, in rete, supera ogni freno inibitorio erroneamente confidando nell’anonimato, fino alle aberrazioni di Blue Whale e all’esibizione online di atti omicidi, in un crescendo di lucidissima follia”.E andrà sempre peggio: “Nelle scorse settimane l’attacco informatico attraverso Wanna Cry ha ingenerato allarme in tutto il mondo. Non sarà purtroppo l’ultimo. Nella dimensione digitale si svolgono, sempre di più, le relazioni ostili tra gli Stati e dentro gli Stati. Secondo stime recenti – ha aggiunto – nello scorso anno le infrastrutture critiche sarebbero state oggetto del 15 per cento di attacchi in più rispetto al precedente e sarebbero cresciuti del 117 per cento quelli riconducibili ad attività di cyberwarfare, volte a utilizzare canali telematici per esercitare pressione su scelte geopoliticamente rilevanti”.”Per questo – ha continuato – la sicurezza dei dati deve rappresentare un fattore abilitante per soggetti privati e pubblici, da perseguire fin dalla progettazione dei sistemi e delle infrastrutture. E per garantire davvero la cybersecurity – componente strategica della sicurezza nazionale e pubblica – è necessario evitare il rischio della parcellizzazione dei centri di responsabilità, con una centralizzazione di competenze e un’organica razionalizzazione del patrimonio informativo, anzitutto pubblico”.”Ciò – ha proseguito – vale tanto per i big data di cui si alimenta la pubblica amministrazione, quanto per la ‘signal intelligence’ e in generale l’attività d’indagine di tipo strategico, che rischia di allontanarsi da quel principio di proporzionalità tra privacy ed esigenze investigative ribadito più volte dalla Corte di giustizia. E di recente declinato così da tradurre uno strumento investigativo ontologicamente massivo, quale la data retention, in uno selettivo, da applicare a obiettivi mirati e in base a presupposti stringenti”.