La figura “imprenditoriale” di Gaetano Vitigliano, narcotrafficaante degli Amato-Pagano, emerge a partire dal 2011, in concomitanza della sua liberazione dal carcere romano di Rebibbia, ove era detenuto per traffico internazionale di stupefacenti tra l’Olanda e l’Italia. Da quel momento, ha costruito un vero e proprio impero, creando attorno a sé un’articolata organizzazione criminale dedita al riciclaggio ed al consequenziale reimpiego di proventi illeciti. Negli ultimi anni, il gruppo imprenditoriale ha ampliato in maniera esponenziale gli investimenti nel settore commerciale dell’esercizio di bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, sale slot e tabacchi, gestiti tramite numerose società intestate fraudolentemente a prestanome ed ai suoi prossimi congiunti. Le indagini hanno certificato i rapporti di natura finanziaria, finalizzati al riciclaggio di denaro sporco, tra Gaetano Vitagliano e Davide Siciliano, detto “Capitone”, noto esponente del clan camorristico Amato-Pagano, attualmente detenuto per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso. Tali rapporti sono stati mantenuti, durante le fasi dell’attività d’indagine, per il tramite di Luigi Siciliano e Gennaro Capasso detto “Genny”, entrambi elementi apicali del medesimo clan, rispettivamente fratello e cognato del detenuto Davide Siciliano. Attraverso un’articolata manovra investigativa, consistita in intercettazioni, servizi dinamici sul territorio ed accertamenti bancari, è stato ricostruito il singolare modus operandi dell’organizzazione criminale. Gaetano Vitagliano, sfruttando gli ingenti capitali accumulati col narcotraffico, ha acquisito numerosi locali a Roma e Milano creando società “fantasma”, utilizzate per ripulire il denaro. Il denaro ripulito – con la partecipazione di quattro funzionari di banca infedeli, due dei quali tratti in arresto – veniva poi reimpiegato nel circuito legale, tramite società create per la gestione degli esercizi commerciali, tutte fittiziamente intestate a terzi. Utilizzando il medesimo stratagemma Gaetano Vitagliano riciclava i proventi illeciti della famiglia Siciliano, da cui riceveva denaro “sporco” che restituiva dopo averlo ripulito mediante cambiali e assegni bancari emessi da imprenditori compiacenti tra cui Giampiero Mei, uno degli arrestati. Nel corso delle indagini è stato ricostruito un ulteriore complesso canale di riciclaggio. In particolare, Gaetano Vitagliano ha immesso diversi milioni di euro di provenienza illecita, giustificandoli come “finanziamento soci”, in una società di Andrea Scanzani, imprenditore ritenuto appartenente al sodalizio, per la realizzazione di un’imponente opera edilizia nel Comune di Guidonia – Montecelio. Scanzani, dopo aver realizzato il progetto immobiliare, ha poi riconosciuto a Vitagliano la titolarità di fatto di oltre decine di appartamenti tra i 200 edificati. Alcuni di questi appartamenti sono stati poi utilizzati come corrispettivo “in nero” nella compravendita delle attività commerciali rilevate dal gruppo Vitagliano.Â