Napoli, “Munizioni con uranio impoverito in un deposito a Pianura”: la confessione choc di un maresciallo della Finanza

Oltre 300 chili di munizioni all’uranio impoverito conservati in un deposito della Marina e poi ‘smaltiti’ in un’esercitazione militare ad hoc. Ne ha parlato il maresciallo in quiescenza della Guardia di finanza, Giuseppe Carofiglio, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito. Audizione aperta – su sollecitazione del presidente, Gian Piero Scanu – con un minuto di raccoglimento per Antonio Attianese, il caporalmaggiore reduce da due missioni in Afghanistan, morto di tumore dopo un calvario durato 13 anni: era stato ascoltato in Commissione il 15 marzo scorso. La vicenda rievocata da Carofiglio – che stride con le rassicurazioni sul mancato uso di armi all’uranio impoverito piu’ volte fornite dai vertici militari – risale al 1994 e ruota intorno ad un deposito della Montagna Spaccata, a Napoli, “dove la Guardia di finanza, al pari di altri Corpi, custodiva anche delle ‘riservette’ di armi in eccesso”. Tutto comincia quando il maresciallo, nel suo ruolo di capo armaiolo, scopre che nel deposito ci sono anche “una ventina di casse, con sopra il simbolo della radioattivita’, e dentro 576 munizioni classificate ‘isotopo 238′”. “Presi paura – ha ammesso Carofiglio – e tornai nel deposito con un mio contatore geyser, un apparecchio non molto sensibile, di una rivista di elettronica, i cui led pero’ si accesero subito in presenza delle casse. Ne informai subito il Comando generale, e dall’ufficio Uga, comandato da un generale dell’Esercito, ebbi un manuale della Nato, in francese, con tutta una serie di regole di comportamento utili ad evitare rischi. Se era un modo per tranquillizzarmi, non ci riusci’. Anzi'”.

“Di fronte ai miei dubbi – ha proseguito Carofiglio – da Roma mandarono addetti dell’allora Anpa (l’agenzia di protezione ambientale) che, senza indossare alcuna protezione, entrarono nel deposito per un sopralluogo. ‘Non c’e’ da preoccuparsi’, mi dissero, ma viste le casse se ne allontanarono subito. Rilevarono la radioattivita’ e lo scrissero nei verbali (che figurano tra i numerosi documenti consegnati dal maresciallo alla Commissione, ndr). Ma prima di andarsene, ci dissero: ‘basterebbe tenere una sola di queste munizioni sulla scrivania per un anno per ammalarsi di cancro'”. Carofiglio propose di spostare le munizioni in un deposito dell’Esercito, per conservarle in sicurezza, “ma da Roma non vollero sentire ragioni e optarono per ‘smaltire’ tutte le munizioni all’Uranio in una esercitazione, che effettivamente ebbe luogo ad agosto del ’94. Dove? Non lo posso dire con certezza, ma allora il ‘poligono di tiro’ preferito era quello delle acque tra Ponza e Ventotene. Delle munizioni all’Uranio “non ci fu mai carico contabile”, ha spiegato il maresciallo, secondo cui si trattava comunque di munizioni prodotte in Italia, probabilmente destinate a pattugliatori costruiti nei cantieri navali della Spezia e venduti alla Marina irachena, prima dell’embargo. “E probabile che in quel deposito o in altri ci siano altre munizioni dello stesso tipo – ha concluso Carofiglio – e anche proiettili allo zirconio. Perche’ mi sono deciso a parlarne solo adesso? Perche’ c’e’ una Commissione che mi sembra davvero decisa a fare di tutto per fare emergere la verita’ sui militari morti o che stanno morendo. E perche’ quando ho finalmente preso piena coscienza della pericolosita’ della esposizione a questo tipo di munizioni ho vissuto un periodo davvero difficile, sono stato molto male”.

“In merito all’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’Uranio impoverito di un ex sottufficiale della Guardia di finanza”, il ministero della Difesa “ribadisce nuovamente che le forze armate – Esercito, Marina e Aeronautica – e i Carabinieri mai hanno acquisito e impiegato munizionamento contenente Uranio impoverito. I fatti riportati non rientrano nell’area di responsabilita’ della Difesa”. “La tipologia di munizionamento in discussione, come gia’ piu’ volte dichiarato nel corso degli anni – precisa una nota – mai ha fatto parte dell’arsenale delle forze armate e mai e’ stato utilizzato ne’ sul territorio nazionale, ne’ all’estero. In proposito, si rammenta che, a piu’ riprese, su mandato tanto delle forze armate quanto delle varie Commissioni parlamentari succedutesi, diverse commissioni tecnico-scientifiche hanno appurato l’assenza, all’interno dei poligoni e delle aree addestrative delle forze armate, di valori anomali di Uranio impoverito rispetto alla sua usuale presenza in natura”. 


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