Tra euro e dollaro sembra essere iniziata una fase di contrapposizione equilibrata, che ha posto fine alla grande manifestazione di forza della valuta verde, e al successivo rimbalzo da parte dell’euro, non in grado – comunque – di sfondare quota 1,20 contro il suo collega nordamericano. Lecito, dunque, domandarsi che cosa potrebbe ora accadere al cambio EUR/USD, con una parte finale di anno che non dovrebbe riservare particolari sorprese sotto il profilo macro, ma che tiene sempre accesa una luce di aleatorietà nell’incertezza politica che sta condizionando l’area USA.
L’employment report spinge la Fed
Come sottolineava qualche giorno fa ilcorsivoquotidiano.net, grazie al recente employment report positivo, il dollaro statunitense è riuscito a recuperare il calo che aveva maturato nel corso della settimana precedente. La reazione della valuta verde dinanzi alla pubblicazione del dossier sul lavoro è stata tutt’altro che inattesa, considerando che il documento fornito manifesta una buonissima evoluzione del mercato del lavoro a stelle e strisce: il numero di occupati è aumentato più del previsto, il tasso di disoccupazione è in calo al 4,3%, i salari orari hanno finalmente conseguito una spinta che potrebbe alimentare l’altro grande perno delle analisi di supporto alla policy monetaria Fed, l’inflazione.
Intuibilmente, con tale diffusione statistica l’ottimismo dei mercati circa il fatto che la Federal Reserve possa incrementare i tassi fed funds nell’ultima riunione dell’anno (a dicembre 2017) sta crescendo, anche se i futures sui fed funds per il momento non sembrano aver apprezzato tale evoluzione di sentimento, mantenendosi stabili: probabilmente, tale “freddezza” finanziaria è legata al fatto che i mercati avevano comunque già scontato una simile valutazione, e che pertanto sono ben pronti a “punire” eventuali passi indietro nella policy monetaria Fed, ma non a premiare la conferma di quanto apparentemente già è noto tra gli osservatori.
Occhi puntati sull’inflazione
A questo punto, ammesso che il mercato del lavoro possa continuare ad essere supportato da dati così positivi, l’attenzione dei policy makers della Federal Reserve non potrà che essere spostata sul fronte della già ricordata inflazione, assunta come variabile discriminante per tale scelta. E sempre su tale fronte non potrà che crescere l’attesa nei confronti della pubblicazione dei prossimi aggiornamenti statistici sulla sua evoluzione, attesa in lieve accelerazione a + 1,7% contro il precedente dato di + 1,6%, e dunque un po’ meno lontano dal target che l’istituto monetario ha fissato.
Ne deriva, peraltro, che nell’ipotesi di delusione dai dati macro di inflazione, il dollaro verde potrebbe temporaneamente ritracciare, perdendo una parte delle posizioni che sono state riconquistate in seguito alla pubblicazione dell’employment report. Difficile invece che possa ulteriormente guadagnare contro euro nel caso in cui la pubblicazione del dato sia in grado di rispettare quanto previsto dagli analisti.
Pesa l’incertezza politica dell’amministrazione Trump
Sull’intera analisi determinata dall’evoluzione dei dati macro e della politica monetaria della Fed su di essa basata, pesa in maniera rilevante il clima di incertezza politica – domestica e internazionale – indotta dall’amministrazione Trump. Dalla crisi con la Corea del Nord alle difficoltà interne di far passare le riforme promesse (sanitaria, tributaria, ecc.), Trump sembra essere il motivo di principale incognita di quel che potrebbe divenire nei prossimi mesi.
Di contro, da questa parte dell’Oceano Atlantico sembra essere ridotto il timore legato all’evoluzione del calendario elettorale europeo, che a inizio anno aveva costituito il principale motivo di paura politica. Le elezioni francesi hanno archiviato per il momento il clamore anti-europeista e populista, e dalle elezioni tedesche non ci attendiamo grandi novità. Quelle italiane sono invece definitivamente tramontate per il 2017, e riproposte per il 2018.
