Del marchese Antonio de Curtis Gagliardi in arte Totò uomo, anzi Gran Maestro della Massoneria, si è scritto da anni. Ma la scoperta dello scrittore Ruggiero di Castiglione, napoletano “pentito” di Santa Lucia da 45 anni romano di adozione, è unica. Ovvero il documento di iscrizione alla massoneria che Totò chiama testamento. Ne da notizia Stella Cervasio sul quotidiano Repubblica nel raccontare l’iniziativa di Ruggiero Di Castiglione che mercoledì prossimo presenterà nella storica libreria Rotondi di via Merulana a Roma. Il modulo prestampato, riempito a penna e datato 9 aprile 1945 e firmato “Antonio de Curtis Gagliardi”, in arte Totò. La massoneria, cui l’attore aderì iscrivendosi alla loggia Fulgor di Monte di Dio a Napoli, lo chiama “testamento spirituale”. Ma il foglio che porta i segni del tempo, al “profano” (non ancora iniziato ) “marchese de Curtis Ga gliardi Antonio” è un test, contiene tre domande. Alla prima: “Che cosa dovete all’umanità? “, l’attore replica: “Amare il prossimo come se stessi. Aiutarlo, fare del bene senza limit idi sorta”.Al la seconda: “Che cosa dovete alla patria?”, la risposta è: “Tutto, anche il sacrificio supremo”. Infine alla terza richiesta: “Che cosa dovete a voi stesso?” senza esitare l’autore di ‘A livella scrive “niente all’infuori del miglioramento spirituale”. Il maestro venerabile Carlo De Cantellis, un imprenditore catanese, dell’epoca autorizzò Totò a creare nuovi massoni a Capri, dove tutte le estati villeggiava a villa Alfa. Breve ma intensa la sua permanenza nella Libera Muratoria: raggiunse il grado di Maestro venerabile della loggia di Roma “Fulgorartis”, per andare “in sonno” (fine della carriera) agli inizi degli anni Cinquanta. Racconta Ruggiero di Castiglione “Non fu molto attivo come massonee se ne andò deluso: la loggia non soddisfaceva i suoi ideali di benefattore assoluto». In compenso “presentò” soci illustri: Mario Castellani, Vittorio Caprioli, la spalla di Ma cario, Carlo Rizzo, e il caratterista Aldo Silvani. A Capri ricevette l’investitura anche Carlo Campanini”.
Di Castiglione ha una sua ipotesi su come è avvenuto l’incontro con la massoneria: “Non c’entra la sua voglia di sangue blu, che a quell’epoca era ormai stata placata dalla sentenza della Corte d’appello che lo riconosceva figlio del marchese de Curtis. Totò lavorava a Roma e nelle sue incursioni napoletane trovò una città distrutta dalla guerra. Voleva fa re beneficenza. Questo lo univa a due persone, due conti: Raimon do Caetani (discendente del principe di San Severo ) della cui villa di Torre del Greco Totò era assi duo frequentatore, e il giornali sta sceneggiatore Fabrizio Sarazani”.